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Sulla (in)stabilità della sentenza dichiarativa di fallimento

Gerardina Erika Forino

Cass. civ., Sez. I, 10 febbraio 2020, n. 3022.

Il tribunale di Roma ha ritenuto che “la particolare struttura del giudizio fallimentare” sia ostativa alla “applicazione dell’art. 393 cod. proc. civ.” Questa norma, in tema di giudizio di rinvio a seguito della cassazione della sentenza, prevede che in caso di mancata riassunzione entro il prescritto termine, o in caso di successiva estinzione del giudizio di rinvio, “l’intero processo si estingue”. Il tribunale ha osservato che gli effetti della sentenza di fallimento possono essere rimossi solo dal passaggio in giudicato della sentenza che ne dispone la revoca. Viceversa, l’art. 393 c.p.c. (…) avrebbe un’estensione limitata a quei casi in cui la sentenza di primo grado, in quanto già sostituita da quella d’appello, può restare travolta dalla cassazione della decisione sostitutiva. È indubbio che gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento possono essere rimossi, sia quanto alla determinazione dello status di fallito, sia quanto agli aspetti conservativi che al medesimo si ricollegano, soltanto col passaggio in giudicato della successiva sentenza di revoca (…). Tuttavia sottolineare questo aspetto – come il tribunale ha fatto – non ha rilevanza nel caso concreto, visto che qui non è in discussione la revoca (in sé) della sentenza di fallimento, ma l’interrogativo sulle conseguenze della mancata riassunzione del giudizio di rinvio dopo la sentenza di cassazione (…). La differenziazione è ben presente nella giurisprudenza della Corte (…) ha confermato il principio generale degli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento, rimovibili soltanto col passaggio in giudicato della successiva sentenza di revoca, ma ha anche aggiunto che nessuna rilevanza poteva avere “la sorte che alla sentenza di fallimento sarebbe spettata se il giudizio di opposizione si fosse estinto per effetto della mancata riassunzione dinanzi al giudice di rinvio”, indicato dalla Cassazione, poiché infatti la riassunzione in quel caso era avvenuta (…). Una cosa è la stabilizzazione degli effetti della sentenza dichiarativa fino al passaggio in giudicato della sentenza di revoca (…) altra cosa è la sorte della sentenza dichiarativa in ipotesi di mancata riassunzione del giudizio di rinvio, ai sensi dell’art. 393 c.p.c. Ora il tribunale, seppur non negando [continua ..]

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Nota di Gerardina Erika Forino

Con la pronuncia che si annota, la S.C. affronta ex professo il fenomeno successorio degli accertamenti in sede concorsuale, dando ingresso ad una diversa prospettiva in tema di conservazione dell’efficacia del provvedimento di apertura del concorso dei creditori. La questione all’esame del Collegio è la seguente: se la declaratoria di estinzione del giudizio di rinvio ex art. 393 c.p.c., all’esito della cassazione della pronuncia di rigetto del reclamo interposto ai sensi dell’art. 18 l.f. travolga l’efficacia della sentenza di fallimento. Impugnando la pronuncia con la quale la Corte capitolina aveva rigettato il reclamo ex art. 18 l.f. e confermato la declaratoria di insolvenza di una società di fatto e dei soci in estensione, il fallito in proprio lamentava dinanzi alla Corte di Cassazione il difetto di giurisdizione del giudice italiano a dichiarare il fallimento delle società estere nonché, la carenza motivazionale del provvedimento impugnato con riguardo all’accertato rapporto societario di fatto. Cassata la pronuncia con sentenza n. 2243/2015 resa a SS.UU. in accoglimento del primo motivo di censura, disposta la rimessione alla Corte distrettuale ed elassi i termini per la riassunzione nella inattività delle parti, con istanza ex art. 17 l.f. il socio fallito in proprio domandava al giudice delegato di procedersi agli incombenti conseguenti alla estinzione del giudizio di rinvio. Avverso il provvedimento reiettivo quest’ultimo proponeva dapprima reclamo ai sensi dell’art. 26 l.f. e, successivamente, ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo di censura: nullità della pronuncia per violazione degli artt. 111, 132, 134 e 135, 336, 338, 393, 653 c.p.c. e 18, 22 l.f.. Accogliendo integralmente le censure mosse, la S.C. rimetteva il procedimento al Tribunale capitolino affinché si uniformasse al principio della inefficacia della sentenza dichiarativa di fallimento all’esito della declaratoria di estinzione del giudizio di rinvio. Come evidente, nella fattispecie in parola, si annida una cruciale questione di natura processuale concernente l’applicabilità al procedimento fallimentare della disciplina relativa all’estinzione del giudizio di rinvio, in luogo della diversa e più favorevole normativa disciplinante l’estinzione del procedimento di impugnazione. Prendendo le mosse dalla qualificazione del procedimento [continua ..]

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