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Dopo il percorso formativo il figlio maggiorenne deve trovare un'occupazione (qualunque essa sia)

Simone Landi

Cass. civ., Sez. I, 14 agosto 2020, n. 17183

(…) Sussistono modalità diverse per l’adempimento del dovere di mantenimento verso il figlio, a seconda che questi sia un minore (art. 337-ter) o un maggiorenne ma non indipendente economicamente (art. 337-septies). Prevede ora l’art. 337-septies c.c., comma 1, che il giudice “valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico” (…) occorre sin d’ora osservare come la questione si ponga in generale, fuori dalla specifica situazione di una crisi coniugale (…). Uno è l’elemento indeterminato della fattispecie (…) la qualità dell’essere “non indipendente economicamente”. Il vero elemento discretivo è, tuttavia, un altro: esso risiede nell’uso del verbo “può”, che indica mera possibilità, accanto al criterio generale ed usuale della “valutazione delle circostanze” (…) Alla raggiunta prova della integrazione delle circostanze che fondano il diritto, il giudice sarà tenuto a disporre l’assegno in discorso. Si tratta, dunque, di un tipico giudizio discrezionale, rimesso al prudente apprezzamento del giudice del merito (…) La necessaria valutazione fattuale non esclude che, in ordine al diritto al mantenimento in capo al figlio maggiorenne a carico del genitore, la Corte detti, in coerenza al proprio compito di nomofilachia ex art. 65 ord. giud., alcuni parametri di riferimento (…) la valutazione (…) vada effettuata dal giudice del merito caso per caso (...) non possa che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle occupazioni ed al percorso scolastico, universitario e post-universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro (…) con “rigore proporzionalmente crescente, in rapporto all’età dei beneficiari, in modo da escludere che tale obbligo assistenziale, sul piano giuridico, possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura” (…). L’assistenza economica protratta ad infinitum “potrebbe finire col risolversi in forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani” (…) Il matrimonio o, comunque, la formazione di un autonomo nucleo familiare escludono l’esistenza dell’obbligo [continua ..]

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Nota di Simone Landi

Non è revocabile in dubbio che la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’odierna ordinanza in rassegna, abbia fatto ricorso alla c.d. funzione nomofilattica, istituzionalmente spettante alle Sezioni Unite, al fine di fare chiarezza sul dibattuto tema dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni, dal momento che le pregresse pronunce di legittimità avevano finito per rappresentare un coacervo di principi di difficile dominio. Tale ordinanza risulta tanto più interessante dal momento che evidenzia come il diritto vivente muti, o meglio, si adatti alla realtà economico-sociale in cui esso opera. Nel caso in esame, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi su un ricorso proposto da uno dei genitori avverso la sentenza delle Corte di Appello di Firenze del 29 marzo 2018, la quale, in riforma della decisione del Tribunale di Grosseto, aveva revocato l’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne con attività lavorativa saltuaria. Gli ermellini, con decisione adottata in Camera di Consiglio del 16 luglio 2020, si sono pronunciati circa il rigetto del predetto ricorso. Queste le ragioni del dissenso. Anzitutto, il Giudice di legittimità ha statuito che l’istituto del mantenimento dei figli maggiorenni vada interpretato alla luce della propria funzione educativa, in una col principio di auto-responsabilità che permea il nostro ordinamento giuridico. Di fatti, considerata l’attuale crisi occupazionale giovanile, l’attesa o il rifiuto di occupazioni non perfettamente corrispondenti alle aspettative possono costituire, se non giustificati, indici di comportamenti inerziali non incolpevoli, in quanto, il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne si giustifica all’interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, in considerazione delle proprie capacità ed inclinazioni, posto che la funzione educativa del mantenimento, è nozione idonea a circoscrivere la portata dell’obbligo del mantenimento, sia in termini di contenuto che di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nel mondo del lavoro. È quindi esigibile l’utile attivazione del figlio nella ricerca comunque di un lavoro al fine di assicurarsi il sostentamento autonomo in attesa dell’auspicato reperimento di un impiego aderente alle [continua ..]

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