home / Archivio / Diritto Civile raccolta del 2020 / Contratti swap stipulati dal Comune: autorizzazione da parte del Consiglio comunale a pena di ..

indietro stampa contenuto indice libro leggi libro


Contratti swap stipulati dal Comune: autorizzazione da parte del Consiglio comunale a pena di nullità

Marialuciana Di Santi

Cass. civ., Sez. un., 12 maggio 2020, n. 8770

L’autorizzazione alla conclusione di un contratto di swap da parte dei Comuni italiani, specie se del tipo con finanziamento upfront, ma anche in tutti quei casi in cui la sua negoziazione si traduce comunque nell’estinzione dei precedenti rapporti di mutuo sottostanti ovvero anche nel loro mantenimento in vita, ma con rilevanti modificazioni, deve essere data, a pena di nullità, dal Consiglio comunale ai sensi dell’articolo 42, comma 2, lett. i), TUEL di cui al D. Lgs. n. 267 del 2000 [laddove stabilisce che «Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: (...) spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi (...)»]; non potendosi assimilare ad un semplice atto di gestione dell’indebitamento dell’ente locale con finalità di riduzione degli oneri finanziari ad esso inerenti, adottabile dalla giunta comunale in virtù della sua residuale competenza gestoria ex art. 48, comma 2, dello stesso testo unico (…). La Prima sezione civile (con ordinanza n. 493 del 10 gennaio 2019) ha rimesso la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, ai sensi dell’art. 374, comma 2, cod. proc. civ., delle questioni così sintetizzate: a) «se lo swap, in particolare quello che preveda un upfront – e non sia disciplinato ratione temporis dalla l. n. 133 del 2008, di conversione del d.l. n. 112 del 2008 –, costituisca per l’ente locale un’operazione che generi un indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento, a norma dell’art. 30, comma 15, I. n. 289 del 2002»; b) «se la stipula del relativo contratto rientri nella competenza riservata al Consiglio comunale, implicando una delibera di spesa che impegni i bilanci per gli esercizi successivi, giusta l’art. 42, comma 2, lett. i), T.u.e.l.» (…). La prima sezione civile ha già rilevato che il ricorso pone due questioni, strettamente connesse, che sono centrali per vagliare la validità dei contratti di swap conclusi, in generale, dai Comuni: quella relativa alla possibilità di qualificare l’assunzione dell’impegno dell’ente locale che stipuli il contratto avente ad oggetto il nominato derivato come indebitamento finalizzato a finanziare spese diverse dall’investimento; quella concernente l’individuazione dell’organo chiamato a deliberare [continua ..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login inizio


Nota di Marialuciana Di Santi

Con la sentenza n. 8770 del 12 maggio 2020, le Sezioni Unite sono state chiamate ad esprimersi in merito a contratti di Interest Rate Swap (IRS) conclusi da un ente locale arrivando ad enunciare, in definitiva, dei principi generali in tema di validità dei contratti derivati, destinati ad impattare tanto la parte pubblica che la parte privata contraente con l’inter­mediario. A seguito della sentenza in esame, la Suprema Corte ha confermato la nullità dei derivati, stipulati tra il 2003 e il 2004 tra il Comune di Cattolica e una banca affermata a livello nazionale, a causa del mark to market, dei costi impliciti e degli scenari probabilistici celati dalla banca nella documentazione contrattuale, cosicché il Comune ha recuperato le perdite quantificate in circa Euro 1.600.000. I quesiti posti alle Sezioni Unite sono due, strettamente connessi tra di loro: 1. la possibilità di qualificare come «indebitamento finalizzato a finanziare spese diverse dall’investimento» il fatto di stipulare un contratto avente ad oggetto un contratto derivato swap; 2. l’indivi­duazione dell’organo chiamato a deliberare un’operazione siffatta («se la stipula del relativo contratto rientri nella competenza riservata al Consiglio comunale, implicando una delibera di spesa che impegni i bilanci per gli esercizi successivi, giusta l’art. 42, comma 2, lett. i), T.u.e.l.»). Le SS. UU. prendono, innanzitutto, atto del fatto che risulta «controversa anche l’esistenza di una definizione unificante del fenomeno dei derivati» e che «i derivati sono stati creati dalla prassi finanziaria e, solo in seguito, sono stati in qualche misura recepiti dalla regolazione del sistema giuridico». Ancora, in tema, la Corte: «a fini puramente descrittivi e semplificativi, si potrebbe dire che l’IRS consiste in una sorta di scommessa finanziaria differenziale (in quest’ultimo aggettivo essendo presente un riferimento alla determinazione solo probabilistica dei suoi effetti ed alla durata nel tempo del rapporto)». La Corte ha definitivamente sancito che il contratto derivato non può limitarsi all’indicazione del solo mark to market, ma deve indicare, altresì, i costi occulti e gli scenari probabilistici, ovvero descrivere «l’alea in capo ai contraenti» sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Il derivato, [continua ..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login inizio