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Successione mediata di norme e responsabilità penale del titolare della struttura ricettivo-alberghiera per omesso versamento dell´imposta di soggiorno

Martina Nicolino

(Cass. Pen., Sez. VI, 30 ottobre 2020, n. 30227)

“4. Nelle more della trattazione del ricorso (…) è (…) intervenuto (…) il D.L. 19 maggio 2020, n. 34, art. 180 (…) il quale ha stabilito l’inserimento nel D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 4, del comma 1 ter, il quale recita che «il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno di cui al comma 1 e del contributo di soggiorno di cui al D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 14, comma 16, lett. e), conv. con modif. nella L. 30 luglio 2010, n. 122, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. (…). Per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell’importo dovuto. Per l’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno si applica una sanzione amministrativa di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13». È evidente come (…) il gestore della struttura venga oggi ad essere individuato, per il futuro, quale responsabile del pagamento dell’imposta (…) di soggiorno e sottoposto alle sanzioni amministrative derivanti dal mancato versamento della stessa. A partire dall’entrata in vigore della modifica normativa è, pertanto, escluso in radice che possa ulteriormente configurarsi il delitto di peculato, posto che il denaro ancora non versato a titolo d’imposta per definizione non costituisce denaro altrui né quale soggetto giuridico onerato del tributo, il gestore può essere ritenuto incaricato di pubblico servizio (art. 358 c.p.). Diverso era, invece, il ruolo attribuito al gestore della struttura ricettiva dalla previgente e composita normativa di riferimento (…). In quel contesto normativo (…), la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha, infatti, ritenuto la sussistenza del delitto di peculato sull’assunto che integrasse il reato la condotta posta in essere dal gestore della struttura ricettiva che si era appropriato delle somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno omettendo di riversarle al Comune, poiché lo svolgimento dell’attività ausiliaria di responsabile della riscossione e del versamento (…) determinava [continua ..]

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Nota di Martina Nicolino

Punto cruciale della sentenza n. 30227/20 pronunciata dalla Sesta Sezione Penale della Suprema Corte è l’analisi circa l’eventuale esistenza di una vicenda normativa di abolitio criminis a seguito della novella introdotta dal co. 4 dell’art. 180 del d.l. 19.05.2020 n. 34 (c.d. decreto rilancio) convertito nella legge n. 77 del 20.07.2020 che ha inserito il co. 1 ter nell’art 4. d.lgs. 14.03.2011 n. 23[1]. Tale comma modifica il ruolo del gestore di struttura ricettiva nella riscossione del tributo di imposta di soggiorno da riversare all’amministrazione comunale competente a riscuoterlo. Di fatto, il gestore passa da ausiliario dell’ente locale nella riscossione del tributo, che nel maneggiare pubblico denaro fungeva da agente contabile con obbligo di rendiconto, con veste giuridica di incaricato di pubblico servizio (358 c.p.), a soggetto responsabile del pagamento dell’imposta e del contributo di soggiorno con diritto di rivalsa sul fruitore del servizio, secondo le modalità tipiche della figura del responsabile d’imposta di cui all’art. 64 TUIR. Di talché, ad oggi, la condotta posta in essere dal gestore della struttura ricettiva che si appropria di somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno, omettendo di riversarle al Comune, non integrerà più il delitto di peculato ex art. 314 c.p., ma sarà oggetto di sanzioni amministrative derivanti dal mancato versamento della stessa quale responsabile del pagamento (figura prevista e definita dall’art. 64 d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973). Tale novella è connessa chiaramente al fatto oggetto di contestazione e portato innanzi alla Corte. Veniva contestata alla sig.ra V.D.B., gestrice di residence, l’appropriazione di somme di denaro corrispondenti all’imposta di soggiorno pagata dai suoi clienti e da riversare all’amministrazione comunale competente a riscuoterne il tributo. Il GIP presso il Tribunale di Trapani condannava l’imputata, a seguito di richiesta di applicazione di pena concordata ai sensi del 444 c.p.p., la pena di un anno e quattro mesi di reclusione in ordine al reato di cui agli artt. 81, 314 co.1. c.p. Avverso tale sentenza proponeva ricorso l’imputata deducendo l’erronea applicazione dell’art. 314 c.p. poiché il fatto contestato non costituiva reato. Nelle more della trattazione del ricorso interveniva la novatio legis. Resta da [continua ..]

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