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In tema di applicazione della confisca di prevenzione nei confronti dell´evasore fiscale seriale

Giovanni Sodano

(Cass. Pen., Sez. V, 25 novembre 2020, n. 33158)

“1. La misura ablativa [confisca di prevenzione] (…) è stata applicata sul presupposto della ritenuta pericolosità generica del ricorrente, in quanto riconducibile alle categorie soggettive di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. a) e b). (…) successivamente all’adozione del provvedimento impugnato la Corte Cost., con la sentenza n. 24 del 2019, ha però dichiarato l’illegittimità costituzionale della prima delle due disposizioni menzionate. L’intervento demolitorio del giudice delle leggi non comporta (…) l’automatica necessità di disporre l’annullamento del provvedimento per una nuova valutazione del materiale probatorio a condizione che, nella proposta e nel provvedimento applicativo, non solo sia stata richiamata anche la categoria di cui alla lett. b) del citato art. 1, ma, altresì, che il giudice della misura abbia accertato, sulla base di specifiche circostanze di fatto, che il proposto si sia reso autore di delitti commessi abitualmente in un significativo arco temporale, da cui abbia tratto un profitto che costituisca – ovvero abbia costituito in una determinata epoca – il suo unico reddito o, quanto meno, una componente significativa del medesimo (…). Alla Cassazione è dunque consentito verificare l’autosufficienza del provvedimento impugnato in riferimento al residuo profilo di pericolosità eventualmente accertato, sempre che tale verifica non involga valutazioni di merito estranee alla cognizione del giudice di legittimità e che impongano la riapertura del contraddittorio tra le parti, non consentita dalla trattazione camerale del procedimento di prevenzione (…) 2. (…) il requisito della pericolosità generica che legittima l’applicazione della confisca, non può essere desunto dal mero “status” di evasore fiscale seriale, in quanto, per stabilire se il proposto viva abitualmente con i proventi dell’attività delittuosa, occorre considerare la struttura dei reati commessi – assumendo rilievo le sole condotte generatrici di un profitto e non anche quelle meramente dirette ad evitare il pagamento di imposte riferite a redditi lecitamente prodotti – nonché l’eventuale definizione in sede conciliativa della pretesa fiscale da cui sia derivata il recupero dell’imposta evasa. (…)”

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Nota di Giovanni Sodano

La vicenda processuale muove dal ricorso presentato avverso il decreto applicativo della confisca di prevenzione disposto dal Tribunale di Catanzaro nei confronti del postulante e del figlio, quale fittizio intestatario di beni nella disponibilità del padre. Il giudice di prime cure fonda l’adozione del provvedimento, confermato integralmente dalla Corte d’Appello del capoluogo calabrese, sulla ritenuta pericolosità generica del prevenuto ai sensi dell’art. 1, lett. a) e b), e dell’art. 4, let. c) del d.lgs. 159/2011, desunta essenzialmente dal suo curriculum criminale, nonché sulla manifesta sproporzione tra il valore del patrimonio illecitamente accumulato dal ricorrente mediante la realizzazione di una serie di reati fiscali e i redditi dichiarati nell’arco temporale di riferimento. La Corte di Cassazione, preliminarmente, si sofferma sulle eventuali ricadute della sentenza n. 24 del 2019 della Corte costituzionale sul provvedimento impugnato, sopraggiunta alla sua adozione. Con questa pronuncia, si rammenta, il giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della let. a) dell’art. 1 del d.lgs. 159/2011, relativa ai soggetti «abitualmente dediti a traffici delittuosi», ravvisandovi un ineludibile contrasto con le esigenze di determinatezza e precisione della fattispecie imposte tanto dall’art. 13 Cost., quanto, in riferimento all’art. 117, comma primo, Cost., dall’art. 2 del Prot. n. 4 CEDU, nonché dall’art. 42 Cost. e dall’art. 1 del Prot. addiz. CEDU per ciò che concerne le misure patrimoniali del sequestro e della confisca. Nella stessa sede la Consulta ha viceversa rigettato la questione di costituzionalità relativa alla let. b) dell’art. 1 del d.lgs. 159/2011, relativa ai soggetti che «per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose», ritenendo che, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale successiva alla sentenza “de Tommaso c. Italia” della Corte Europea dei diritti del­l’uomo, sia oggi possibile assicurarne in via interpretativa contorni sufficientemente precisi. L’intervento demolitorio, come ribadito nella specie dalla Suprema Corte, non comporta, tuttavia, in capo al giudice dell’impugnazione [continua ..]

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