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La Consulta ritorna sull´automatismo sanzionatorio dell´art. 69 c. 4 c.p. nei rapporti tra l´attenuante del vizio parziale di mente e la recidiva reiterata

Angela Micheletti

“1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale ordinario di Reggio Calabria ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 27, primo e terzo comma, e 32 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente di cui all’art. 89 cod. pen. sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. In sostanza, la disposizione censurata impedirebbe al giudice di determinare una pena proporzionata rispetto alla concreta gravità del reato, e pertanto adeguata al grado di responsabilità “personale” del suo autore, non consentendo di tenere adeguatamente conto (…) della minore possibilità di essere motivato dalle norme di divieto da parte di chi risulti affetto da patologie o disturbi della personalità che, seppur non escludendola del tutto, diminuiscano grandemente la sua capacità di intendere e di volere. Secondo il giudice rimettente, la disposizione censurata violerebbe altresì l’art. 32 Cost., non consentendo al giudice di determinare una pena funzionale non solo alla rieducazione del condannato, ma anche alla tutela della sua salute. (…) La legge 5 dicembre 2005, n. 251 (…) modificò nuovamente la disposizione [art. 69 c.p.], introducendo il divieto di prevalenza di qualsiasi circostanza attenuante, inclusa la diminuente del vizio parziale di mente, nell’ipotesi – tra l’altro – di recidiva reiterata; precludendo così in modo assoluto al giudice di applicare, in tal caso, la relativa diminuzione di pena (…). (…) È ben vero che l’applicazione della recidiva (…) in tanto si giustifica in quanto il nuovo delitto, commesso da chi sia già stato condannato per precedenti delitti non colposi, sia in concreto espressivo non solo di una maggiore pericolosità criminale, ma anche di un maggior grado di colpevolezza, legato alla maggiore rimproverabilità della decisione di violare la legge penale (…) (sentenza n. 192 del 2007 e poi, ex plurimis, sentenza n. 185 del 2015 […]) (…). Nel merito, le questioni sollevate con riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost., che devono qui essere esaminate congiuntamente, sono fondate. 4.1. [continua ..]

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Nota di Angela Micheletti

Con la sentenza in commento, la Corte Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 89 cod. pen. sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.”; ciò a seguito dell’ordinanza 121/2019 con la quale il Tribunale di Reggio Calabria ha sollevato questione di legittimità costituzionale con riguardo agli artt. 3, 27, commi 1 e 3, e 32 Cost. La Consulta, dopo un breve excursus sulle modifiche apportate all’art. 69, comma 4, c.p. (in particolare dalla L. 251/2005, introduttiva del divieto di cui trattasi), ha ritenuto che il giudice a quo abbia adeguatamente motivato sulle ragioni poste a fondamento dell’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 99, comma 4, c.p. I due imputati avevano, infatti, riportato numerose condanne per reati omogenei a quello per il quale erano stati rinviati a giudizio, commessi nel quinquennio precedente, dimostrando, dunque, una particolare insensibilità nei confronti del monito a non violare più la legge penale e, di conseguenza, una più elevata capacità a delinquere ed una maggiore rimproverabilità soggettiva. Secondo il Giudice delle Leggi, inoltre, l’applicazione della recidiva non può ritenersi contrastante con quella del vizio parziale di mente, trattandosi di circostanze, entrambe inerenti alla persona del colpevole, ai sensi dell’art. 70, comma 2, c.p., ma operanti su piani diversi e non reciprocamente escludentisi, ossia, rispettivamente, quello della capacità a delinquere e quello dell’imputabilità. Nel merito, la Corte Costituzionale ha dichiarato fondate le questioni sollevate dal Giudice a quo, evidenziando che la possibilità di operare deroghe al regime ordinario di bilanciamento tra circostanze, di cui all’art. 69 c.p., rientra nella discrezionalità del legislatore, che può essere sindacata solo ove essa “trasmodi nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio, non potendo giungere in alcun caso a determinare un’alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti sulla strutturazione della responsabilità penale.” A tal proposito, la Corte richiama delle proprie precedenti pronunce di [continua ..]

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