home / Archivio / Diritto Penale raccolta del 2020 / Le Sezioni Unite sul discrimen tra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con ..

indietro stampa contenuto indice libro leggi libro


Le Sezioni Unite sul discrimen tra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e il reato di estorsione

Maria Angelini

(Cass. Pen., SS.UU., 23 ottobre 2020, n. 29541)

“9.1. Sin da epoca risalente, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che il criterio differenziale tra i delitti di cui agli artt. 629 e 393 c.p. consista nell’elemento intenzionale, in quanto nel primo l’intenzione dell’agente è di procurarsi un ingiusto profitto, mentre nel secondo il reo agisce per conseguire un’utilità che ritiene spettargli, nonostante che il suo diritto sia contestato o contestabile, senza adire l’Autorità giudiziaria (Cass. 21 gennaio 1941, Clocchiatti, Giust. pen., 1941, II, 810, 1078; Cass. 27 marzo 1950, Paoli, Riv. pen., 1950, 679) (…). Queste Sezioni Unite ritengono che il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenzino tra loro in relazione all’elemento psicologico. (…) 10.5.3. Ai fini della distinzione tra i reati di cui agli artt. 393 e 629 c.p. assume, pertanto, decisivo rilievo l’esistenza o meno di una pretesa in astratto ragionevolmente suscettibile di essere giudizialmente tutelata: nel primo, il soggetto agisce con la coscienza e la volontà di attuare un proprio diritto, a nulla rilevando che il diritto stesso sussista o non sussista, purché l’agente, in buona fede e ragionevolmente, ritenga di poterlo legittimamente realizzare; nell’estorsione, invece, l’agente non si rappresenta, quale impulso del suo operare, alcuna facoltà di agire in astratto legittima, ma tende all’ottenimento dell’evento di profitto mosso dal solo fine di compiere un atto che sa essere contra ius, perché privo di giuridica legittimazione, per conseguire un profitto che sa non spettargli. L’elemento psicologico del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e quello del reato di estorsione vanno accertati secondo le ordinarie regole probatorie: alla speciale veemenza del comportamento violento o minaccioso potrà, pertanto, riconoscersi valenza di elemento sintomatico del dolo di estorsione. Questa Corte è, infatti, ferma nel ritenere, in generale, che la prova del dolo, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell’imputato, ha natura indiretta, dovendo essere desunta da elementi esterni ed, in particolare, da quei dati della condotta che, per la loro non equivoca potenzialità offensiva, siano i più idonei ad esprimere il fine [continua ..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login inizio


Nota di Maria Angelini

La sentenza in commento risolve le questioni di diritto richieste con l’ordinanza di rimessione n. 50696 del 2019 e, precisamente, di scioglimento sul contrasto giurisprudenziale esistente tra i delitti di cui agli artt. 629 (estorsione) e 393 (esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone) c.p., circoscritto soltanto ai casi “in cui l’aggressione alla persona è funzionale alla soddisfazione di un diritto tutelabile innanzi all’autorità giudiziaria”; di contro, il delitto di estorsione è ravvisabile soltanto nella condotta funzionale al soddisfacimento di pretese sfornite di tutela. La Suprema Corte di Cassazione, pertanto, si è dovuta esprimere “se il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e quello di estorsione si differenzino tra loro in relazione all’elemento oggettivo, in particolare con riferimento al livello di gravità della violenza o della minaccia esercitate, o, invece, in relazione al mero elemento psicologico, e, in tale seconda ipotesi, come debba essere accertato tale elemento”; e ancora “se il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni debba essere qualificato come reato proprio esclusivo e, conseguentemente, in quali termini si possa configurare il concorso del terzo non titolare della pretesa giuridicamente tutelabile”. Quesiti i suddetti che, a fronte di due macro orientamenti, risiedono nella materialità e nell’elemento psicologico dei singoli delitti in questione. A fronte di questa disamina, il thema decidendum della sentenza de qua, a diverse riprese, ripercorre l’evoluzione storica e giuridica delle fattispecie criminose richiamate da ultimo, con argomentazione perequativa e sintonica dei precedenti orientamenti assegnati per essi, attraverso un excursus giuridico implementato dalla indizione degli elementi soggettivi e oggettivi di reato, tipici e tipicizzanti i suddetti e differenti delitti, adiuvati nella unitaria soluzione espressa dalla Corte, con ancillare addizione argomentativa resa alle singole e rimesse questioni di diritto. Sotto il profilo dell’elemento psicologico, infatti, i Giudici di Palazzo Cavour, riportano alcune decisioni che valorizzano a titolo di elemento distintivo, soltanto, la direzione della volontà dell’agente alla soddisfazione del credito, altre invece sulle modalità della condotta e, quindi, [continua ..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login inizio