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Aggravante dell´agevolazione mafiosa: chiarita la natura soggettiva

Irene Palese

“1. La questione di diritto per la cui soluzione il ricorso è stato rimesso alle Sezioni unite può illustrarsi nei termini seguenti: “se l’aggravante speciale già prevista dal D.L. n. 152 del 1991, art. 7, ed oggi inserita nell’art. 416-bis c.p., comma 1, che prevede l’aumento di pena quando la condotta tipica sia consumata al fine di agevolare le associazioni mafiose, abbia natura oggettiva concernendo le modalità dell’azione, ovvero abbia natura soggettiva concernendo la direzione della volontà”. L’aggravante prevista dal D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7, convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 1991, n. 203, il cui contenuto è oggi trasfuso nell’art. 416-bis c.p., comma 1, norma cui si farà riferimento nel prosieguo, rappresenta garanzia di una maggiore efficacia della funzione preventivo-repressiva del fenomeno mafioso. (…) 3.1. Secondo un primo orientamento tale circostanza è integrata da un atteggiamento di tipo psicologico dell’agente, che richiama i motivi a delinquere ed è riconducibile alle circostanze indicate nell’art. 118 c.p.: quindi non estensibile ai concorrenti nel reato. Secondo un contrapposto orientamento, l’aggravante è integrata da un elemento obiettivo, attinente alle modalità dell’azione, ed è quindi riconducibile alle circostanze di natura oggettiva ai sensi dell’art. 70 c.p., non contemplate dall’art. 118 c.p., con conseguente estensibilità ai concorrenti, ai sensi dell’art. 59 c.p., comma 2, purché conosciuta e conoscibile. Secondo un ulteriore orientamento, la natura dell’aggravante e la disciplina in caso di concorso di persone nel reato dipendono da come la stessa si atteggia in concreto e dal reato cui essa acceda. 3.2. Secondo l’orientamento che ritiene l’aggravante di natura soggettiva, essa sarebbe integrata da un atteggiamento psicologico, per lo più definito in termini di dolo specifico: occorre cioè che l’agente, oltre alla coscienza e volontà del fatto materiale integrante l’elemento oggettivo del reato base, agisca per un fine particolare (quello di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso), la cui realizzazione non è necessaria per l’integrazione dell’aggravante. Questa viene quindi ritenuta di [continua ..]

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Nota di Irene Palese

La sentenza delle Sezioni Unite in esame dirime il contrasto giurisprudenziale concernente la natura giuridica dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa ex art 416 bis 1 c.p. Questa aggravante ad effetto speciale, già prevista dall’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, prevede l’aumento di pena da un terzo alla metà quando la condotta tipica sia consumata al fine di agevolare le associazioni mafiose. La circostanza prevista da detto articolo si snoda nelle due varianti del ‘metodo’ e dell’’agevolazione’, con lo scopo di assicurare una copertura repressiva totale del fenomeno mafioso. Mentre è pacifica la natura oggettiva dell’aggravante del metodo mafioso, che si caratterizza per le modalità dell’azione, controversa è la natura dell’aggravante agevolativa. Le Sezioni Unite sono state chiamate a stabilire se quest’ultima fosse di tipo oggettivo, e quindi riconducibile alle circostanze ai sensi dell’art. 70 c.p., ovvero soggettivo, in tal caso rientrante nell’ambito dell’art. 118 c.p., e di conseguenza non estensibile ai concorrenti nel reato. Il Supremo Consesso ha altresì chiarito «se sia necessario individuare in capo a ciascun concorrente il dolo specifico richiesto dalla norma o se, invece, sia sufficiente che il concorrente abbia arrecato il proprio contributo nella consapevolezza della finalità agevolatrice perseguita dall’agente». (§ 3.2) La vicenda giudiziaria riguarda un soggetto la cui attività illecita era consistita nel­l’intermediare tra coloro i quali necessitavano di finanziamenti ed i coimputati (finanziatori usurai collegati con il clan dei Casalesi), svolgendo, tramite forza intimidatoria, il recupero dei crediti. Veniva quindi tratto in giudizio per reati di usura, tentata estorsione ed abusiva attività finanziaria, aggravati dalla circostanza prevista dall’art. 416 bis 1 c.p. Sia il Tribunale sia la Corte d’Appello ravvisavano l’aggravante, ma esprimevano valutazioni antitetiche quanto alla sua natura giuridica: nella sentenza di primo grado si riconosceva la natura oggettiva, in quella di secondo grado la natura soggettiva. La Corte d’Appello sosteneva che l’aggravante fosse integrata da un atteggiamento psicologico dell’agente: dolo di agevolazione. L’imputato ricorreva dunque in Cassazione, deducendo [continua ..]

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