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Messa alla prova: è applicabile anche agli enti? Una questione rimessa al vaglio delle Sezioni Unite

Maria Chiara Mastrantonio

La IV Sezione della Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ha rimesso alle Sezioni Unite la risoluzione del seguente quesito di diritto: "Se il procuratore generale sia legittimato a proporre impugnazione avverso l'ordinanza che ammette l'imputato alla messa alla prova ai sensi dell'art. 464 bis c.p.p. e avverso la sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 464 septies c.p.p., e quali siano i vizi deducibili con il ricorso avverso tale sentenza".

La risoluzione di tale quesito è stata valutata preliminare all’esame nel merito del ricorso per cassazione presentato dal procuratore generale presso la Corte di appello di Trento avverso alla sentenza di non doversi procedere per estinzione dell’illecito per esito positivo della prova, emessa dal Tribunale trentino, nei confronti di un ente ritenuto responsabile dell’illecito di cui all’art. 25 septies, comma III, D. Lgs. n. 231 del 2001 in relazione al delitto di cui all'art. 590, comma III, c.p.

Se, infatti, si dovesse ritenere che il procuratore generale presso la Corte di appello non sia legittimato all'impugnazione - o non lo sia per motivi che riguardano eventuali vizi dell'ordinanza di ammissione alla prova - non si potrebbe procedere all'esame della questione relativa all’inosservanza e all’erronea applicazione della legge penale per essere stato esteso all’ente l’istituto di cui all’art. 168 bis c.p.

Il tema dell’eventuale legittimazione all’impugnazione del procuratore generale presso la Corte territoriale, come immaginabile, ha registrato contrapposti orientamenti nella giurisprudenza di legittimità.

Il primo di questi riconosce la piena legittimazione di tale organo ad impugnare l'ordinanza ammissiva alla prova, unitamente alla sentenza con la quale il giudice dichiara l'estinzione del reato per esito positivo della medesima, qualora non sia stata effettuata nei suoi confronti la comunicazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza di sospensione del procedimento (Sez. I, 27/10/2021, n. 43293, Ongaro, Rv. 282156; Sez. I, 15/04/2019, n. 41629, Lorini, Rv. 277138; Sez. V, 06/11/2020, n. 7231, Hoelzi; Sez. II, 08/01/2021, n. 7477, Sperindeo; Sez. VI, 17/01/2022, n. 1603, Conte).

Un altro orientamento, invece, sostiene che il procuratore generale presso la Corte di appello non sia legittimato ad impugnare la predetta ordinanza non essendo individuato tra i soggetti - l'imputato, il pubblico ministero e la persona offesa - che possono proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 464 quater, comma VII, c.p.p. (Sez. VI, 09/04/2021, n. 18317, Stompanato, Rv. 281272).

Ed ancora, in altre pronunce, pur senza escludere la legittimazione all’impugnazione del procuratore generale presso la Corte territoriale, nel rigettare il ricorso proposto contro la sentenza dichiarativa dell'estinzione dell’illecito, è stato sostenuto che tale impugnazione non possa essere proposta per vizi afferenti all’ordinanza di cui all'art. 464 quater c.p.p. (Sez. VI, 10/06/2020, n. 21046, Betti, Rv. 279744; Sez. V, 14/01/2020, n. 5093, Cicolini, Rv. 278144; Sez. V, 30/04/2019, n. 1795, Bonifacio).

“(…) 9. Il contrasto sorge, dunque, con riguardo alla possibilità per il procuratore generale di impugnare l'ordinanza ammissiva della prova o a seguito della comunicazione del relativo avviso o unitamente alla sentenza. Possibilità, quest'ultima, che viene sostenuta con riferimento alla specifica ipotesi in cui il procuratore generale non sia stato avvisato dell'ordinanza e ne venga a conoscenza solo con la comunicazione della sentenza.

9.1. Si discute, in particolare, se l'espressione "pubblico ministero" contenuta nell'art. 464 quater c.p.p., comma 7, riguardi anche il procuratore generale presso la Corte di appello, come inducono a pensare le pronunce delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 22531, 31/05/2005, Campagna, Rv. 231056 e n. 31011 del 28/05/2009, Colangelo, Rv. 244029) secondo le quali l'espressione "pubblico ministero" è utilizzata dal codice di rito indifferentemente per il procuratore della Repubblica presso il tribunale e per il procuratore generale presso la corte di appello; o se invece, in un'ottica di favore per l'istituto della messa alla prova che giustificherebbe una selezione dei soggetti titolari del diritto di impugnazione contro l'ordinanza ammissiva, l'espressione "pubblico ministero" contenuta nell'art. 464 quater c.p.p., comma 7 debba essere interpretata in senso restrittivo con esclusivo riferimento al procuratore della Repubblica presso il tribunale.

9.2. Di conseguenza, ci si chiede se l'ordinanza di ammissione alla prova debba essere portata a conoscenza, mediante lettura in udienza o mediante notifica o comunicazione dell'avviso di deposito, oltre che delle parti che hanno diritto all'avviso della data d'udienza, anche del procuratore generale presso la Corte di appello. Invero, se il procuratore generale è escluso dal novero dei soggetti titolari del diritto di impugnazione, nessun avviso gli è dovuto e l'ordinanza di ammissione alla prova deve essere comunicata alle parti del procedimento che hanno diritto all'avviso della data dell'udienza. Se, invece, in assenza di limitazioni espresse, il procuratore generale è titolare del diritto di impugnazione, allora egli ha diritto ad essere informato dell'ordinanza ai sensi dell'art. 128 c.p.p., che prevede la comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito dei provvedimenti impugnabili "a tutti coloro cui la legge attribuisce il diritto di impugnazione" (in quest'ultimo senso si sono espressamente pronunciate: Sez. 1, n. 43293 del 27/10/2021, Ongaro, Rv. 282156, pag. 3; Sez. 1, n. 41629 del 15/04/2019, Lorini, Rv. 277138, pag.4; Sez. 6, n. 1603 del 09/11/2021, dep. 17/01/2022, Conte, non massimata, pag. 5).

9.3. Chi aderisce a questa seconda tesi, sostiene che, se il procuratore generale non ha ricevuto l'avviso di deposito dell'ordinanza e quindi non ha potuto impugnarla, può farlo quando apprende della sua esistenza, vale a dire quando riceve la comunicazione della sentenza di cui all'art. 464 septies c.p.p. In questi casi, l'ordinanza ammissiva della prova può essere impugnata insieme alla sentenza in virtù del fatto che, se l'ordinanza è viziata per violazione di legge, dal suo annullamento "deriva" l'annullamento della sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 464 septies c.p.p. (Sez. 1, n. 41629 del 15/04/2019, Lorini, Rv. 277138 pag. 6) (...)”.

Merita di essere evidenziato, ad ogni modo, come entrambe le tesi siano supportate da argomentazioni di indubbio spessore.

L’orientamento che riconosce il potere di impugnazione anche al procuratore generale presso la Corte di appello adduce a supporto i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite (Sez. Un., n. 22531, 31/05/2005, Campagna, Rv. 231056 e n. 31011 del 28/05/2009, Colangelo, Rv. 244029) secondo le quali l'espressione "pubblico ministero" è utilizzata dal codice di rito indifferentemente per il procuratore della Repubblica presso il Tribunale e per il procuratore generale presso la Corte di appello.

Ed inoltre, si attribuisce particolare rilevanza al potere di surroga del procuratore generale in base al quale detto organo è legittimato, in via ordinaria, ad impugnare tutti i provvedimenti potenzialmente definitivi emessi all’esito di un giudizio di cognizione, anche qualora il pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento abbia già compiuto la propria valutazione.

Anche gli argomenti a sostegno della non legittimazione all’impugnazione del procuratore generale presso la Corte di appello, però, risultano essere particolarmente persuasivi.

Viene, in primo luogo, osservato che il sistema dei rimedi esperibili avverso alle ordinanze che decidono sull’ammissibilità di tale rito speciale è improntato, così come affermato anche dal Supremo Collegio (Sez. Un., n. 33216, 31/03/2016, Rigacci, Rv. 267237), al principio di economia processuale, così da ridurre sensibilmente le ipotesi di regressione del procedimento - se non addirittura di eliminarle del tutto – e garantire il massimo favore all'istituto.

In quella occasione, oltretutto, il Supremo Consesso ha altresì chiarito che con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di cui all’art. 464 septies c.p.p. non possono essere proposti motivi attinenti agli eventuali vizi dell’ordinanza ammissiva della prova perché preclusi dall'avvenuta decorrenza del termine entro il quale doveva essere proposto il mezzo di impugnazione avverso a quel provvedimento.

Particolare rilevanza, inoltre, viene affidata alla natura autonoma e incidentale della messa alla prova (sottolineato anche dalle Sez. Un., n. 36272, 31/03/2016, Sorcinelli, Rv. 267238) che, congiuntamente al principio di tassatività delle impugnazioni, dà luogo ad un regime disgiunto di impugnazione che deroga all'art. 586, comma I, c.p.p.

Dalla lettura sistematica di tali elementi, invero, non può che discenderne l’esclusione della legittimazione ad impugnare del procuratore generale presso la Corte di appello sulla scorta della mera considerazione che egli sia l’organo costituito presso il giudice di merito di livello superiore. Tale argomentazione, difatti, non sembra cogliere nel segno non essendo tale organo istituito né presso il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato (dal quale deriva la competenza in materia di impugnazione) né presso il giudice avente giurisdizione di merito a livello superiore, essendo l'ordinanza in argomento impugnabile solo con il ricorso per cassazione.

In conclusione, sebbene con l’ordinanza in commento le Sezioni Unite siano state chiamate alla risoluzione di un quesito solo di natura preliminare, si auspica che l’estendibilità dell’istituto della messa alla prova anche nei confronti dell’ente possa presto trovare il vaglio positivo, dopo quello di molteplici giudici di merito, anche del Giudice di legittimità.

Argomento: Messa alla prova per gli enti
Sezione:

(Cass. Pen., Sez. IV, 21 aprile 2022, n. 15493)

Stralcio a cura di Ilaria Romano

“3. Il (...) difensore della società ha depositato memoria rilevando che (…) la possibilità di applicare l'istituto previsto dall'art. 168 bis cod. pen. agli enti in relazione agli illeciti previsti dal d.lgs. 231/2001 è stata riconosciuta non solo dal Tribunale di Trento, ma anche da altri giudici di merito. La difesa sottolinea, inoltre, che, nel corso della prova, la società ha provveduto ad eliminare gli effetti negativi dell'illecito risarcendo il danno, rivedendo il proprio modello organizzativo e svolgendo lavoro di pubblica utilità, consistito nel fornire ad un organismo religioso calzature di propria produzione. Desume da ciò che gli scopi previsti dall’istituto della messa alla prova possono essere raggiunti anche se l'ammissione alla prova riguardi un ente e che «l'introduzione di un virtuoso percorso della condotta dell'azienda con gli obblighi di fare» costituisce rimedio più idoneo rispetto «ad un esborso in denaro che viene solitamente imputato a costi di impresa». (…)4. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte e - richiamando precedenti giurisprudenziali che affermano la legittimazione del Procuratore generale presso la corte di appello ad impugnare l'ordinanza di ammissione alla prova ai sensi dell'art. 464 quater, comma 7, cod. proc. pen (…) ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata e delle ordinanze con le quali la società è stata ammessa alla prova.5. Il Collegio rileva che l'esame nel merito del ricorso dipende dalla decisione della seguente questione: «se il procuratore generale sia legittimato a proporre impugnazione avverso l'ordinanza che ammette l'imputato alla messa alla prova ai sensi dell'art. 464 bis cod. proc. pen. e avverso la sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 464 septies cod. proc. pen, e quali siano i vizi deducibili con il ricorso avverso tale sentenza».Se, infatti, si dovesse ritenere che il procuratore generale presso la corte di appello non sia legittimato all'impugnazione - o non lo sia per motivi che riguardano eventuali vizi dell'ordinanza di ammissione alla prova - non si potrebbe procedere all'esame della questione di merito dedotta dal ricorrente, che lamenta violazione di legge per essere stato esteso agli illeciti previsti dal d.lgs. n. 231/2001 un istituto, come quello della messa alla prova, che, per [continua ..]

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