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Ai fini dell´accertamento del reato di corruzione propria, è necessario provare il rapporto sinallagmatico che lega la prestazione illecita alla dazione o alla promessa della remunerazione

Argomento: Dei delitti contro la pubblica amministrazione
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. VI, 3 aprile 2025, n. 13092)

Stralcio a cura di Fabio Coppola 

“(…) Secondo la conforme ricostruzione di entrambi i Giudici del merito, (…), quale responsabile dell'ufficio dello stato civile del Comune di (…), dal 2013 al 2015 aveva istruito pratiche per il riconoscimento dello status civitatis italiano in favore di persone brasiliane, omettendo le dovute verifiche istruttorie, previste anche dalla circolare ministeriale vigente all'epoca dei fatti, dietro indebiti compensi, ricevuti da (…), referente in Italia dell'associazione (…), che prestava assistenza e curava le pratiche di riconoscimento della cittadinanza e della residenza in favore di brasiliani. (…) Le censure, sollevate da entrambi i ricorrenti, concernenti l'affermazione della loro responsabilità per il delitto di corruzione, sono infondate. Costituisce principio più volte ribadito nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, ai fini dell'accertamento del reato di corruzione propria, è necessario dimostrare che il compimento dell'atto contrario ai doveri di ufficio sia stato la causa della prestazione del denaro o di altra utilità e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fine la mera circostanza dell'avvenuta dazione (…). È necessario dimostrare, quindi, non solo la dazione indebita dal privato al pubblico ufficiale (o all'incaricato di pubblico servizio), bensì anche la finalizzazione di tale erogazione all'impegno di un futuro comportamento contrario ai doveri di ufficio ovvero alla remunerazione di un già attuato comportamento contrario ai doveri di ufficio da parte del soggetto munito di qualifica pubblicistica. In tale quadro di riferimento si afferma che costituiscono atti contrari ai doveri d'ufficio non soltanto quelli illeciti (perché vietati da atti imperativi o illegittimi (perché dettati da norme giuridiche riguardanti la loro validità ed efficacia), ma anche quelli che, pur formalmente regolari, prescindono, per consapevole volontà del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, dall'osservanza di doveri istituzionali espressi in norme di qualsiasi livello, ivi compresi quelli di correttezza e imparzialità (…). D'altra parte, è pacifico che il reato in oggetto può essere integrato anche mediante atti di natura discrezionale o meramente consultiva, quando essi costituiscano concreto esercizio dei [continua ..]

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