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L'Adunanza Plenaria può svolgere la sua funzione nomofilattica solamente se l'ordinanza di rimessione effettua una esaustiva ricostruzione della fattispecie controversa e solleva una questione rilevante rispetto alla res controversa

Serena Cosentino

L’art. 99 c.p.a., analogamente a quanto previsto dall’art. 374 c.p.c. per le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, definisce le ipotesi di deferimento di una questione all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, individuandole nei casi in cui sussista un contrasto interpretativo (comma 1) oppure emerga la necessità di risolvere una questione di massima di particolare importanza (comma 2) e nei casi di non condivisione da parte della Sezione del principio di diritto già espresso dall'Adunanza Plenaria in altro giudizio (comma 3).

L'Adunanza Plenaria può esprimere principi di diritto nell’interesse dalla legge, qualora ritenga la questione di particolare importanza, anche quando dichiari il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero l'estinzione del giudizio (comma 5). La previsione consente,  pur sempre in relazione a una fattispecie , l'esercizio del potere nomofilattico, anche nei casi in cui l'esito della controversia prescinda poi in concreto dalla soluzione delle questioni di diritto deferite, con la conseguenza che la facoltà di pronunciare comunque il principio di diritto sussiste sia nelle ipotesi in cui la pronuncia assuma contenuto meramente processuale, sia nelle eventualità in cui la decisione incida sul merito della controversia, ma si incentri su un tema logicamente pregiudiziale rispetto a quello oggetto del deferimento (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 28/07/2011, n. 14).

La norma citata in certa misura ricalca l’art. 363 c.p.c. (Consiglio di Stato, sez. VI, 03/12/2018, n. 6858) che attribuisce alla Corte di Cassazione il potere di pronunciare il principio di diritto anche d'ufficio, allorquando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa sia di particolare importanza. Inoltre, il procedimento per l'enunciazione del principio di diritto nell'interesse della legge, ex art. 363, comma 1, c.p.c., richiede la ricorrenza dei seguenti presupposti processuali: a) l'avvenuta pronuncia di uno specifico provvedimento giurisdizionale non impugnato o non impugnabile né ricorribile per cassazione; b) l'illegittimità del provvedimento stesso, quale indefettibile momento di collegamento ad una controversia concreta; c) un interesse della legge, quale interesse generale o trascendente quello delle parti, all'affermazione di un principio di diritto per l'importanza di una sua formulazione espressa (Cassazione Civile Sez. Un., 22/03/2023, n. 8268).

Ai sensi dell'art. 99, comma 4, c.p.a., l'Adunanza Plenaria, in omaggio al principio di economia processuale e per esigenze di celerità, investita di una questione oggetto di contrasto giurisprudenziale, di regola, decide la controversia anche nel merito, salva la necessità di ulteriori esigenze istruttorie (Consiglio di Stato Ad. Plen., 13/06/2012, n. 22).

La sentenza in commento si colloca in un percorso di definizione della funzione nomofilattica del Consiglio di Stato e di tipizzazione delle ipotesi di restituzione del giudizio alla sezione deferente.

Il caso muove da una controversia risarcitoria instaurata nell’ambito dei danni cagionati da trasfusioni con sangue infetto. Parte ricorrente presentava nel gennaio 1996 domanda di indennizzo ai sensi della l. n. 210/1992 e nel luglio 2007 proponeva un intervento adesivo nel corso di un processo civile pendente dinanzi il Tribunale di Roma, promosso per ottenere la condanna generica del Ministero della Salute al risarcimento dei danni.

In pendenza del giudizio presso il Tribunale di Roma, il ricorrente manifestava la volontà di transigere la controversia ai sensi della l. n. 222/2007 e della l. n. 224/2007. Tuttavia, il Ministero rigettava tale richiesta ritenendo prescritto il diritto essendo trascorso il termine di cui all’art. 5 lettera a) del decreto ministeriale n. 61889 del 2012, di cinque anni, decorrente dalla data di richiesta dell’indennizzo ai sensi della l. n. 210/1992 (dunque nel caso specifico da gennaio 1996), fermo che la notifica della domanda giudiziale risarcitoria era avvenuta nel luglio 2007. La sentenza di annullamento di detto provvedimento veniva impugnata dal Ministero ed è in questo contesto che la III Sezione deferiva all’Adunanza Plenaria «anche ai sensi del comma 3 dell'articolo 99 c.p.a., per una possibile rimeditazione dell'indirizzo circa il carattere decadenziale e non prescrizionale dei termini previsti dall'articolo 5 del decreto ministeriale 4 maggio 2012", i seguenti quesiti:

  • se, fermo restando quanto affermato nella sentenza n. 16 del 2021 in ordine alla natura non prescrizionale ma decadenziale dei termini stabiliti dall'articolo 5, lettere a) e b), del d.m. 4 maggio 2012 per l'ammissibilità delle domande di adesione allo speciale modulo transattivo previsto dalle leggi nn. 222 e 244 del 2007 (e salva l'eventuale rimeditazione di tale orientamento), le precitate disposizioni ministeriali siano compatibili con i principi di proporzionalità e ragionevolezza, oltre che con la ratio della stessa istituzione (…);
  • se, in ogni caso, sia consentito all'Amministrazione, alla stregua del principio di buon andamento e dell'obbligo di buona fede cui deve informarsi l'azione amministrativa (oltre che dei medesimi canoni richiamati sub 1), motivare il diniego di accesso al modulo transattivo esclusivamente con il mancato rispetto dei termini in questione (…)»

L’Adunanza Plenaria, tuttavia, ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti per esaminare le questioni.

Affinchè, infatti, possa essere esercitata la funzione nomofilattica di cui all’art. 99 c.p.a. non possono essere poste all’esame del Collegio questione meramente ipotetiche e ininfluenti sull’esito del giudizio ma è necessario che l’ordinanza di rimessione:

« a)effettui una esaustiva ricostruzione della fattispecie controversa in rapporto a tutti i suoi elementi identificativi di fatto e diritto (disposizioni e provvedimenti censurati, profili di illegittimità dedotti e argomentazioni svolte a sostegno dell'impugnazione);

b)sollevi una questione rilevante rispetto alla res controversa, nel senso che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione, dovendosi trattare di un "punto di diritto sottoposto" all'esame del collegio giudicante.»

Nel caso di specie, secondo il Supremo Consesso amministrativo, il primo quesito deferito fuoriesce dal thema decidendum, in quanto l’ordinanza mette in dubbio la legittimità delle disposizioni contenute nel decreto ministeriale del 2012, questione, tuttavia, ritenuta assorbita dalla sentenza di primo grado e non riproposta in appello. Nel processo amministrativo d'appello, infatti, i motivi assorbiti in primo grado devon essere riproposti incidentalmente dall'appellato vittorioso in prime cure e, qualora ciò non avvenga, tali motivi assorbiti devono intendersi rinunciati, sicché è preclusa una pronuncia in merito. La cognizione del Consiglio di Stato, infatti, ha lo stesso oggetto del giudizio di primo grado ma nei soli limiti delle statuizioni della sentenza che siano state impugnate.

Il secondo quesito, secondo l’Adunanza Plenaria, non ha rilevanza ai fini della definizione della controversia, non avendo il Ministero, in sede di appello, messo in discussione la natura prescrizione del termine di cui all’art. 5 comma 1 lettera a) del d.m. del 2012.

La sentenza n. 14/2023, in commento, viene così a completamento del quadro interpretativo delineato da due recenti pronunce dell’Adunanza Plenaria.

Con l’ordinanza n. 11 del 22/03/2023è stato infatti chiarito che «a) l'art. 99 consente - in sede di rinvio - alla Sezione rimettente di decidere la controversia sotto tutti i profili non esaminati dall'Adunanza Plenaria, il cui principio di diritto non può però essere posto in contestazione nel corso del medesimo giudizio;

  1. b) i quesiti sollevati con l'ulteriore ordinanza di rimessione non possono essere esaminati, in quanto non rientrano in nessuna delle ipotesi previste dall'art. 99 del codice del processo amministrativo».

Inoltre, con ordinanza n. 13 del 19/04/2023, sulla scorta dei principi generali di cui alla propria precedente sentenza 27 aprile 2015, n. 5, l’Adunanza Plenaria ha affermato il seguente principio di diritto: «Laddove l'ordinanza di rimessione abbia proposto i quesiti all'Adunanza plenaria senza aver preventivamente vagliato i diversi motivi del ricorso per revocazione (motivi questi ultimi da cui, nel caso di specie, avrebbe dovuto cominciare l'esame del ricorso per revocazione, perché l'eventuale accoglimento di uno, o di entrambi, avrebbe reso superflua la pronuncia sul primo motivo di ricorso dal quale è scaturita la rimessione all'Adunanza plenaria), si rende necessaria la restituzione degli atti alla sezione competente affinché esamini prioritariamente tali motivi».

Preme, infine, rilevare come la Riforma Cartabia (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) abbia avviato un iter di modificazione del potere nomofilattico delle giurisdizioni superiori, introducendo una innovazione particolarmente significativa nel processo civile. L’art. 363 bis c.p.c. attribuisce, infatti, al giudice di merito il potere di disporre con ordinanza rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Cassazione per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto, quando concorrano le seguenti condizioni: a) la questione è necessaria alla definizione anche parziale del giudizio e non è stata ancora risolta dalla Corte di Cassazione; b) la questione presenta gravi difficoltà interpretative; c) la questione è suscettibile di porsi in numerosi giudizi.

Argomento: funzione nomofilattica adunanza plenaria
Sezione: Adunanza Plenaria

(Cons. St., Ad.Plen., ord 26 aprile 2023, n. 14)

stralcio a cura di Rossella Bartiromo

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"Affinché l’Adunanza Plenaria possa svolgere la sua funzione nomofilattica ed esaminare i quesiti sottoposti al suo esame, è necessario che l’ordinanza di rimessione: a) effettui una esaustiva ricostruzione della fattispecie controversa in rapporto a tutti i suoi elementi identificativi di fatto e diritto (disposizioni e provvedimenti censurati, profili di illegittimità dedotti e argomentazioni svolte a sostegno dell’impugnazione); b) sollevi una questione rilevante rispetto alla res controversa, nel senso che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione, dovendosi trattare di un «punto di diritto sottoposto» all’esame del collegio giudicante (art. 99, comma 1, del c.p.a.). Pertanto, non possono essere poste all’esame dell’Adunanza Plenaria questioni meramente ipotetiche e inifluenti sull’esito del giudizio. L’Adunanza Plenaria ben può valutare sotto tutti i suoi profili la rilevanza delle questioni sollevate (e non nei limiti della ‘non implausibilità’, come accade per la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia, davanti alle quali si innestano giudizi autonomi e incidentali), in quanto è lo stesso processo, nelle ipotesi legalmente previste, che ‘prosegue’ davanti al medesimo Consiglio di Stato, in diversa composizione. 9.– Ciò premesso, osserva l’Adunanza Plenaria che nel caso in esame non sussistono i requisiti della esaustività dell’esposizione e della rilevanza della questione. 9.1.‒ Con il primo quesito, la Sezione Terza ha rimesso all’esame dell’Adunanza Plenaria la questione se le disposizioni contenute nell’articolo 5, lettere a) e b), del decreto ministeriale 4 maggio 2012 «siano compatibili con i principi di proporzionalità e ragionevolezza, oltre che con la ratio della stessa istituzione normativa di uno speciale meccanismo transattivo per le controversie risarcitorie instaurate dai cc.dd. emotrasfusi». Sennonché, tale quesito di diritto sarebbe stato rilevante qualora la Sezione remittente avesse dovuto esaminare il secondo motivo del ricorso di primo grado: esso, invece, fuoriesce dal perimetro del thema decidendum, poiché è stato assorbito in primo grado e non è stato riproposto nel corso del secondo grado del giudizio. Nel processo amministrativo [continua ..]

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