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Le cause di esclusione disciplinate dal codice dei contratti pubblici sono applicabili alle procedure di affidamento dei contratti attivi

Martina Marchitelli

Il Consiglio di Stato con la sentenza 17 gennaio 2023, n. 579, in occasione dell’appello proposto avverso la sentenza del TAR Liguria n. 284/2022, è stato chiamato a pronunciarsi sull’applicabilità del codice dei contratti pubblici, ivi comprese le clausole di esclusione di cui all’art. 80 D.Lgs. 50/2016, alle procedure di affidamento dei contratti attivi.

Innanzitutto, il giudice amministrativo ha condotto una disamina sull’oggetto della procedura di gara di cui è causa, al precipuo fine di qualificare l’affidamento, suddiviso in più lotti, di impianti pubblicitari di proprietà comunale e della relativa area di installazione. In proposito, il Consiglio di Stato, tenuto conto che la proprietà degli impianti pubblicitari è da individuarsi in capo al Comune banditore e considerato il fatto che gli impianti insistono sul suolo demaniale, è giunto a ritenere che la procedura in rilievo abbia ad oggetto l’affidamento di concessioni demaniali e non di servizi.

Dunque, ascrivendosi tale affidamento ai contratti attivi, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 4 D.Lgs. 50/2016, l’ambito oggettivo del codice appalti trova applicazione nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica. Ciò posto, quindi, anche le clausole di esclusione di cui all’art. 80 D.Lgs. 50/2016 trovano piena operatività, attesa la ratio sottesa alle medesime, rinvenibile nel principio di par condicio e nell’individuazione del miglior operatore economico cui affidare l’appalto.

A seguito della ricostruzione poc’anzi descritta, il Consiglio di Stato, contrariamente al Giudice di Prime Cure, ha chiarito la compatibilità dell’art. 80, co. 5, lett. m), D.Lgs. 50/2016, con l’affidamento in esame, quale contratto attivo.

Più nello specifico, la sentenza in commento stabilisce che è da considerarsi corretto e legittimo il disciplinare di gara, laddove reca espresso richiamo a tutte le clausole di esclusione di cui all’art. 80 D.lgs. 50/2016, con conseguente obbligo della p.a. di conformarsi alle prescrizioni della lex specialis e di applicare, come avvenuto, la clausola escludente di cui al comma 5, lett. m) del predetto art. 80 nei confronti di talune società partecipanti alla gara che sono per l’appunto state escluse a fronte di elementi che abbiano fatto ritenere l’esistenza di un centro unico decisionale e che le medesime abbiano agito in modo coordinato, così da divenire aggiudicatarie della quasi totalità degli impianti equamente ripartiti.

Inoltre, il Consiglio di Stato è stato adito anche in merito all’applicabilità dell’art. 80, co. 5, lett. m), D.Lgs. 50/2016 in procedure di affidamento suddivise in una molteplicità di lotti.

In proposito, la decisione in rassegna, preliminarmente, precisa la finalità perseguita con la suddivisione dell’oggetto di gara in lotti ex art. 51 D.Lgs. 50/2021, individuabile nella esigenza di favorire la massima partecipazione possibile da parte delle piccole e medie imprese, come strumento pro-concorrenziale, al quale può combinarsi la possibilità di individuare una limitazione quantitativa del numero massimo di lotti che possono essere aggiudicati a ciascun offerente (art. 51, co. 3), sempre nell’ottica di arginare forme di concentrazione e acquisizione centralizzata degli appalti pubblici.

Successivamente, il Consiglio di Stato richiama l’orientamento constante secondo cui l’art. 80, co. 5, lett. m), D.Lgs. 50/2016 non trova applicazione nel caso in cui le offerte presentate da imprese riguardino lotti divergenti, essendoci per ciascun lotto un’autonoma procedura che si conclude con la relativa aggiudicazione. Tuttavia, precisa altresì che tale orientamento non può considerarsi riferibile al caso di specie in quanto la gara in esame, oltre ad avere una ripartizione in lotti, è caratterizzata dal limite quantitativo di lotti aggiudicabili da parte di un offerente. Pertanto, il Supremo Consesso Amministrativo chiarisce che qualora più società imputabili ad un centro unico decisionale concorrano ad una gara ripartita in più lotti con l’intento di eludere, mediante la presentazione di più offerte “a scacchiera”, l’eventuale limite imposto dall’Ente aggiudicatore al numero di lotti suscettibili di aggiudicazione ad un unico operatore ex art. 51 co.3 D.Lgs. n. 50/2016, l’esclusione dalla procedura di dette società rinviene il suo fondamento non nella violazione della disposizione pro-concorrenziale da ultimo citata, ma nell’art. 80 co.5 lett. c-bis) D.Lgs. n. 50/2016.

Infatti, nella sentenza in esame è espressamente motivato che “se la presentazione di più offerte per l’aggiudicazione di un medesimo lotto da parte delle società avvinte da rapporti indicativi della sussistenza di un unitario centro decisionale è di per sé sufficiente a giustificare l’esclusione dalla gara, lo stesso non può dirsi allorché le società concorrano per l’aggiudicazione di lotti diversi, potendo rilevare la presentazione di offerte “a scacchiera” ai fini dell’esclusione nell’ottica elusiva del limite sancito dall’Ente aggiudicatore al numero di lotti suscettibili di aggiudicazione, in quanto condotta tendente ad influenzare indebitamente l’esito della procedura”.

In conclusione, la decisione in commento offre un’importante disamina dei contratti attivi e un approdo fondamentale sull’applicabilità a dette tipologie di contratti delle cause di esclusione, alla luce della portata dell’art. 4 del D.Lgs. 50/2016. Del resto, le cause di esclusione fungono come regole delimitative della platea dei possibili operatori economici, assurgendo, a loro volta, a veri e propri requisiti di partecipazione in senso negativo, ossia non riscontrabili nei confronti dell’offerente che concorre legittimamente all’aggiudicazione della procedura di gara.

Argomento: cause di esclusione appalti pubblici
Sezione: Consiglio di Stato

(Cons. St., sez. VII, 17 gennaio 2023, n. 579) stralcio a cura di Rossella Bartiromo

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“[Occorre] precisare che, secondo quanto chiarito dal Consiglio di Stato, la ratio dell’esclusione prevista dall'articolo 80, comma 5, lettera m) del Decreto legislativo n. 50 del 2016 e, prima ancora, dall'articolo 38, comma 1, lettera m-quater) del Decreto legislativo n. 163 e 2006, deve rinvenirsi nell'esigenza di scongiurare il rischio di compromettere i principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti (Consiglio di Stato sez. V, 08/03/2019, n.1605; Cons. Stato, VI, 17 gennaio 2017, n. 169; Cons. Stato, VI, 8 maggio 2012, n. 2657). Ed invero, «la norma contenuta nell'art. 38, comma l, lett. m-quater) d.lgs. 163/2006, come si evince dal chiaro tenore letterale, estende le ipotesi di esclusione oltre il campo di applicazione dell'art. 2359 c.c. e delinea una fattispecie di collegamento sostanziale che la giurisprudenza ha accolto (già nel vigore del Codice dei contratti del 2006, confermandolo anche con riferimento al Codice dei contratti del 2016, per tale ultimo riferimento cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 12 gennaio 2021 n. 393), sottolineando come tale estensione trovi una propria giustificazione nell'esigenza di evitare il rischio d'una "vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione. In tal modo si tende ad evitare che il corretto e trasparente svolgimento delle gare di appalto ed il libero gioco della concorrenza possano essere irrimediabilmente alterati dalla eventuale presentazione di offerte che, pur provenendo formalmente da due o più imprese, siano tuttavia riconducibili ad un unico centro di interesse: la ratio di tale previsione è quella di evitare il rischio di ammissione alla gara di offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da stretta comunanza di interesse caratterizzata da una certa stabilità, non sono ritenuti, proprio per tale situazione, capaci di formulare offerte caratterizzate dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità, coerentemente quindi ai principi di imparzialità e buon andamento cui deve ispirarsi l'attività della pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 97 della Costituzione" (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. V, 18 luglio 2012 n. 4189)» (Consiglio di Stato, Sez. VI, 31/08/2021, n.6119). Come noto, i principi di segretezza, serietà delle offerte [continua ..]

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