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La valutazione della conformità ai CAM in sede di gara - effettuata dalla Commissione al fine verificare che l'offerta sia rispettosa della lex specialis e dei criteri ambientali – va distinta dal controllo successivo da effettuarsi in sede esecutiva, atteso che in tale ultima fase il rapporto tra stazione appaltante e impresa offerente si atteggia con una modalità prettamente privatistica e l'offerta assume a tutti gli effetti i caratteri tipici di una proposta di contratto irrevocabile

Roberto Germani.

Con sentenza n. 9398 del 2 novembre 2023, il Consiglio di Stato si è pronunciato: a) sul tema della conformità ai criteri CAM dell’offerta dei partecipanti alla gara pubblica; b) sull’esecuzione dei controlli del rispetto dei CAM stessi che la stazione appaltante deve porre in essere.
La controversia era stata introdotta in primo grado dinnanzi al TAR Lazio-Roma dalla concorrente seconda classificata in una procedura aperta per l’affidamento dei servizi di pulizia e dei servizi di sanificazione su richiesta degli uffici dell’Agenzia Italiana del Farmaco-AIFA.
La ricorrente ha impugnato l’aggiudicazione in favore della prima classificata e gli atti presupposti, lamentando l’inammissibilità dell’offerta della prima classificata per mancato rispetto del numero minimo dei macchinari richiesto e per l’asserita loro non conformità ai CAM.
Con sentenza 6 giugno 2023, 9488, il T.A.R. territoriale ha respinto il ricorso principale e i motivi aggiunti ritenendo che i macchinari offerti dall’aggiudicataria fossero corrispondenti nel numero alla dotazione richiesta nella lex specialis e che tutte le attrezzature offerte rispettassero i criteri CAM, come risultante dalle schede tecniche e dai manuali d’uso dei beni offerti, rimandando la verifica alla successiva fase di esecuzione del contratto.
Con ricorso in appello, la seconda classificata ha impugnato la citata sentenza 9488/2023 dichiarandola erronea da tre punti di vista: a) mancato rispetto da parte dell’aggiudicataria del numero minimo delle
apparecchiature richiesto a pena di esclusione dalla gara; b) mancata dimostrazione della conformità ai CAM dei macchinari offerti ed alla violazione del principio di unicità dell’offerta.
Focalizzandosi sulle quaestiones iuris principali sottese alla vicenda fattuale, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso.
In particolar modo, appare interessante, data la portata innovativa ed i risvolti pratici che ne conseguono sia per le P.A. procedenti che per gli operatori economici, la disamina giuridica e normativa del Consiglio di
Stato in merito al rispetto dei criteri CAM all’interno delle gare pubbliche e gli obblighi che ne derivano in capo all’ Amministrazione procedente.
Preliminarmente, occorre ricordare che nell’ottica del perseguimento di obiettivi per uno sviluppo sostenibile, il legislatore ha introdotto principi immanenti al sistema delle procedure di evidenza pubblica, che ogni stazione appaltante ha l’obbligo di rispettare. In particolar modo l’art 34 del d.lgs. 28 aprile 2016 n. 50 (ratione temporis applicabile), stabilisce quanto segue:

1. Le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento
all’acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, ((anche)) a quanto specificamente previsto all’articolo 144.
2. I criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 95, comma 6. Nel caso di contratti relativi alle categorie di appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione, i criteri ambientali minimi di cui al comma 1, sono tenuti in considerazione, per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare, sulla base di adeguati criteri definiti dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
3. L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano d’azione.
Nella sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha avuto modo di ribadire alcuni propri precedenti orientamenti, osservando, ad esempio, che la ratio dell’intero impianto normativo di cui sopra risiede nel duplice obiettivo: a) di consentire da una parte agli operatori economici di formulare una offerta consapevole ed adeguata sulla base di tutti gli elementi, compresi i CAM; b) di connotare l’evoluzione del contratto d’appalto pubblico da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica. Ciò in quanto i cc.dd. green public procurements si connotano per essere un “segmento dell’economia circolare”(Consiglio di Stato, Sezione III, 14 ottobre 2022, n 8773) atteso che le disposizioni in materia di CAM, “lungi da risolversi in mere norme programmatiche, costituiscono in realtà obblighi immediatamente cogenti per le stazioni appaltanti, come si desume plasticamente dal terzo comma dell’art 34, il quale sancisce che
“l’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano d’azione” e che “la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, circolari e nel diffondere l’occupazione verde” (Consiglio di Stato, Sezione V, 5 agosto 2022, n. 6934).
Partendo da tali premesse, il Consiglio di Stato ha riformato la decisione del TAR accogliendo il ricorso.
In prima battuta, il Giudice di seconde cure ha rilevato l’erroneità della sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha ritenuto che il compimento delle verifiche sulla conformità delle attrezzature ai CAM dovesse essere demandato alla sola fase di esecuzione del contratto. Invero, tale tipologia di controlli deve essere svolta obbligatoriamente già nell’ambito delle valutazioni delle offerte. In altri termini, si possono distinguere due fasi: la fase di gara e la fase esecutiva del contratto che rispondono a criteri diversi.
Come giustamente ha ribadito il Consiglio di Stato “In sede di gara, la valutazione della conformità ai CAM deve essere effettuata dalla commissione per verificare che l’offerta sia rispettosa della lex specialis e dei criteri ambientali, in ossequio al principio di par condicio dei partecipanti.
Diverso ed ulteriore (ed eventuale) è il profilo del controllo in sede esecutiva di quanto dichiarato dal soggetto aggiudicatario, atteso che in quella fase il rapporto tra stazione appaltante e impresa offerente si atteggia con una modalità prettamente privatistica e paritetica tra le parti, rispetto alla quale l’ordinamento appronta in favore dell’Amministrazione strumenti civilistici (diffida ad adempiere, risoluzione in danno) nel caso in cui il contraente sia inadempiente agli obblighi assunti con la propria offerta, che assume a tutti gli effetti i caratteri tipici di una proposta di contratto irrevocabile”.
Partendo da questo ragionamento, il Consiglio di Stato ha verificato se nel caso concreto le attrezzature proposte in sede di gara erano rispondenti ai CAM e se rispettavano il numero minimo richiesto dal bando.
Il Giudice amministrativo ha riscontrato la mancanza dell’attestazione di conformità da parte del produttore per una lavasciuga e il mancato rispetto del numero minimo dei macchinari richiesti, ritenendo fondato il ricorso del concorrente secondo classificato e dichiarando l’inefficacia del contratto stipulato dalla Amministrazione appaltante con l’operatore economico primo classificato disponendo il subentro in favore del secondo classificato.
In conclusione, tale sentenza va a ribadire l’assoluta centralità del rispetto della conformità ai CAM delle offerte predisposte dai partecipanti alle gare pubbliche e che detti criteri ambientali minimi rappresentano per le stazioni appaltanti degli obblighi cogenti da rispettare già in sede di predisposizione del bando di gara per poi proseguire successivamente con l’obbligo di controllarne il rispetto sia in sede di gara che in sede di esecuzione del contratto.
Appare opportuno inoltre osservare che, a seguito delle modifiche normative intervenute in materia di appalti pubblici verdi con l’approvazione del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. 31 marzo 2023 n 36), è stato predisposto un nuovo Piano d’Azione Nazionale per la sostenibilità dei consumi nel settore della pubblica amministrazione ( c.d. PAN GPP) con il quale è stata ribadita l’importanza e l’obbligatorietà di rispetto dei CAM, tanto da prevedere la possibilità per le stazioni appaltanti di richiedere livelli prestazionali più elevati di quelli indicati nei decreti CAM e di inserire clausole ambientali anche in categorie di appalto non ancora oggetto di CAM.

Argomento: Appalti pubblici
Sezione: Consiglio di Stato

(Cons. St., sez.  III, 2 novembre 2023, n. 9398)

Stralcio a cura di Rossella Bartiromo

“[F]ondata è la censura attinente alla mancata dimostrazione della conformità delle attrezzature e macchinari offerti al decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 7 marzo 2012 (di seguito anche “decreto CAM”). Osserva al riguardo preliminarmente la Sezione che, nell’ottica del perseguimento di obiettivi per uno sviluppo sostenibile, il legislatore ha introdotto principi immanenti al sistema delle procedure di evidenza pubblica, che ogni stazione appaltante ha l’obbligo di rispettare (Consiglio di Stato, Sezione III, n. 8773/2022). L’articolo 34 del decreto legislativo 28 aprile 2016, n. 50, stabilisce quanto segue: “1. Le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all’acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto nell’articolo 144. I criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 95, comma 6. Nel caso dei contratti relativi alle categorie di appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione, i criteri ambientali minimi di cui al comma 1, sono tenuti in considerazione, per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare, sulla base di adeguati criteri definiti dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano [continua ..]

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