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E' illegittima l'ordinanza regionale che durante la pandemia da COVID-19 vietava ai minori di svolgere attività motorie e sportive all'aperto e, pertanto, spetta il risarcimento dei danni morali patiti per la relativa permanenza domiciliare forzata

Ilaria Renzo.

Nel giudizio in esame l’originario ricorrente ha richiesto l'annullamento di un'ordinanza contingibile e urgente emessa dal Presidente della Regione Siciliana, riferita al periodo dell’emergenza pandemica da Covid-19, ritenendo illegittima e immotivata la disposizione che proibiva ogni forma di attività motoria all'aperto anche per i minori accompagnati dai genitori.

Questo divieto implicava, di fatto, per tali minori il blocco di qualsiasi spostamento al di fuori della propria abitazione, imponendo una completa reclusione, contrastando così con il contestuale Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 aprile 2020, il quale consentiva invece a tutti di praticare attività sportiva e motoria all'aperto, inclusi i minori, a condizione che fosse svolta in prossimità della propria abitazione ed a una distanza c.d. “di sicurezza” di almeno un metro dagli altri individui (art. 1, comma 1, lettera f)).

Tale misura regionale, sosteneva il ricorrente, avrebbe comportato un trattamento discriminatorio rispetto a quanto stabilito nel resto d'Italia, in quanto maggiormente restrittivo e lesivo delle libertà costituzionali, in particolare la libertà di circolazione sancita dall’articolo 16 della Carta e la libertà personale, ritenuta inviolabile dall’articolo 13 della Costituzione.

Nel giudizio di primo grado, la richiesta di un'istanza cautelare era stata respinta e il ricorso era stato dichiarato improcedibile dal TAR perché il termine di efficacia dell'ordinanza impugnata era nel frattempo scaduto.

Il ricorrente ha appellato tale decisione innanzi al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.

Con la sentenza in commento, l’appello è stato accolto, con importanti e significativi argomenti riguardanti la normativa d'emergenza per la salvaguardia della salute pubblica, sia quanto alla definizione dei confini tra le competenze Stato e Regioni, sia quanto alla legittimità delle restrizioni alla libertà individuale (art. 13 Costituzione).

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha chiarito che lo Stato ha assunto la responsabilità di predefinire le misure da applicare su tutto il territorio nazionale attraverso l'adozione di Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Queste misure, sebbene potessero essere adattate in modo differenziato Regione per Regione in base al quadro epidemiologico specifico, rimanevano essenzialmente sotto la competenza dello Stato.

Alle autorità sanitarie regionali spettava esclusivamente la gestione di situazioni locali specifiche all'interno dei confini regionali e l'eventuale aggiornamento provvisorio delle misure applicabili nell'intera regione, ma solo in caso di un peggioramento dell'epidemiologia in momento successivo all'emanazione dell'ultimo DPCM e quindi con efficacia temporale limitata.

Il Consiglio ha sottolineato inoltre che durante il periodo pandemico, lo Stato ha cercato di trovare un equilibrio tra l'esercizio dell'autorità necessario per gestire la situazione emergenziale e il rispetto delle libertà dei cittadini. Sebbene siano state imposte limitazioni significative alla libertà di circolazione, lo Stato non ha mai inteso equiparare tali restrizioni alla detenzione domiciliare. Anche nelle zone più gravemente colpite, le limitazioni imposte non hanno mai raggiunto il punto di considerare la popolazione non infetta o non in quarantena come essenzialmente prigioniera nelle proprie case. Questo significa che, nonostante le restrizioni applicate, era quantomeno sempre possibile muoversi per necessità alimentari e per motivi di lavoro.

In tale previsione si comprende perché lo Stato abbia costantemente garantito alla popolazione non affetta dal virus la possibilità di svolgere attività sportiva e motoria, anche se con modalità adattate alla situazione pandemica.

Questo “accesso” all'attività fisica ha verosimilmente rappresentato l'ultimo confine, mai oltrepassato, tra la massima restrizione possibile della libertà di circolazione, giustificata per motivi sanitari in base all'articolo 16 della Costituzione, e un’inammissibile compressione della libertà personale.

È importante notare che l'ablazione della libertà personale non è prevista dall'articolo 13 della Costituzione per motivi sanitari.

La sentenza in commento ha richiamato la giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha adottato un approccio di interpretazione rigorosa del principio di legalità nell'applicazione delle misure di gestione dell'emergenza pandemica.

Queste misure devono essere considerate strettamente tipiche e devono essere sottoposte a un'interpretazione restrittiva. Questo è particolarmente importante considerando che la legislazione sulla pandemia è di competenza esclusivamente statale, secondo quanto stabilito dall'articolo 117, comma 2, lettera q della Costituzione, riguardante la profilassi internazionale contro malattie contagiose che possono diffondersi a livello globale.

Pertanto, l'ordinanza regionale è stata considerata illegittima, in quanto i giudici del C.G.A.R.S. non hanno ritenuto giustificabile le misure aggiuntive o più restrittive introdotte nella Regione Sicilia rispetto a quelle contestualmente stabilite a livello nazionale con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Infine, il Consiglio ha esaminato la richiesta di risarcimento danni proposta dall’originario ricorrente, affermando che se da un lato non si può riconoscere alcun danno di natura economica, dall'altro si può invece riconoscere un danno non economico di natura morale ai sensi dell'articolo 2059 del Codice Civile. Questo a causa della sottostante patente violazione dei diritti di libertà garantiti dalla Costituzione. Tale danno può essere liquidato in via equitativa.

Nella valutazione del risarcimento, i giudici hanno preso espressamente in considerazione l'età del ricorrente, trattandosi di un minorenne in una fase delicata di crescita e formazione psicologica. Si tratta di una fase della vita in cui è fondamentale un pieno e armonioso sviluppo della personalità, al quale la giurisprudenza e la dottrina fanno costantemente riferimento quando si discute dei bambini e dei loro diritti. È necessario garantire ai minori di crescere in un ambiente che favorisca il loro sviluppo fisico, emotivo, intellettuale e sociale in modo equilibrato e completo.

Questo assioma comporta di proteggerli da qualsiasi forma di violenza, discriminazione o abuso e di assicurare loro accesso a opportunità di apprendimento, salute, gioco e partecipazione sociale.

In questo contesto, la giustizia e la società hanno il compito di tutelare i diritti dei bambini e promuovere il loro benessere in ogni fase della loro vita.

Argomento: provvedimento amministrativo
Sezione: Consiglio di Stato

(C.G.A.R.S., sez. giurisdizionale, 24 ottobre 2023, n. 713)

Stralcio a cura di Davide Gambetta

[…] 1. Con ricorso […] la parte qui appellante ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Regione […], lamentando che il predetto provvedimento, nella parte in cui vietava ogni attività motoria all’aperto, anche in forma individuale, ivi inclusa quella dei minori accompagnati dai genitori […], inibendo ai minori ogni spostamento al di fuori dalla propria abitazione, imponeva di fatto al minore ricorrente una permanenza domiciliare assoluta. Tale misura, secondo la parte istante, si poneva in contrasto con il DPCM 10 aprile 2020, che, invece, consentiva a tutti, e perciò anche ai minori, lo svolgimento di attività sportiva e motoria quantomeno nei pressi dell’abitazione, alla sola condizione del mantenimento della distanza di sicurezza di un metro da ogni altra persona (art. 1, comma 1, lettera f)), così determinando per i minori residenti in [OMISSIS] un trattamento deteriore rispetto a quanto previsto nel resto d’Italia, perché più restrittivo quanto alla possibilità di esercitare le libertà costituzionali (ossia la libertà di circolazione, ma anche la libertà personale, cui l’appellante fa più volte riferimento in atti). […] DIRITTO […] 3. Giova tuttavia premettere, ai fini del relativo scrutinio, la necessaria ricostruzione della normativa vigente alla data (11 aprile 2020) di adozione dell’ordinanza impugnata per fronteggiare la pandemia, nonché il collocamento di quella nel sistema delle fonti, in particolare per quanto concerne i rapporti tra le competenze dello Stato e quelle delle Regioni. 3.1. È a tutti ben noto che, in data 31 gennaio 2020, il Consiglio dei ministri, ai sensi degli artt. 7, comma 1, lettera c), e 24, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile), aveva dichiarato lo stato di emergenza sul territorio nazionale per la durata di sei mesi, «in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili». 3.2. Successivamente, era stato emanato il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, che genericamente demandava alle autorità competenti l’adozione di ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica […]. L’art. 2, [continua ..]

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