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La legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste

Pierandrea Fulgenzi.

La Sezione Quarta del Consiglio di Stato, con il pronunciamento oggetto di attenzione, ritorna sulla legittimazione ad agire in giudizio da parte delle associazioni ambientaliste, dando seguito alla consolidata giurisprudenza in materia, avendo riguardo a quanto già affermato, in precedenza, da Cons. St., Ad. Pl. n. 6/2020.  

Anche questa volta, il Consiglio di Stato sposa la tesi del c.d. doppio binario di legittimazione, nell’ottica di una maggior tutela dell’interesse collettivo proteso alla conservazione di beni di interesse metaindividuale. A fronte di ciò, l’interesse collettivo si configura non solo nei casi espressamente previsti dalla legge ed i soggetti legittimati ad agire in giudizio – avverso provvedimenti amministrativi ritenuti illegittimi - non sono soltanto quelli individuati dal Legislatore, sicché le azioni esperibili non sono vincolate a logiche di tipicità e di numerus clausus. 

Procedendo con ordine, occorre definire l’interesse collettivo, che consiste nella trasformazione, rectius nella soggettivizzazione di un interesse diffuso, il quale è pre-giuridico, vive allo stato fluido, definito da sempre quale interesse adesposta (cioè a dire privo di titolare) e come tale non tutelabile.  

La protezione dell’interesse diffuso passa dalla soggettivizzazione, ossia dall’individuazione di un ente esponenziale che si prende carico di tutelarlo. Si attiva così un processo di personificazione e l’interesse diffuso, da entità magmatica ed indistinta, diviene interesse giuridico intestato all’ente, legittimato a farlo valere in giudizio.  

L’oggetto di questo interesse è un bene che, da un punto di vista economico, può essere definito non rivale e non escludibile. In sostanza, l’interesse diffuso prima e collettivo dopo verte su un bene pubblico la cui fruizione è consentita a tutti e, soprattutto, non vi è alcun soggetto abilitato ad esercitare, su di esso, lo ius excludendi alios. 

Questa lettura economica del diritto consente di focalizzare l’attenzione sul cuore del problema oggetto di attenzione: la tutela dell’ambiente, inteso come bene, tipicamente diffuso, poiché non rivale e non escludibile, che diviene collettivo a fronte della presa in carico della sua tutela da parte di un ente esponenziale. 

La questione ruota attorno allo spazio di manovra concesso dall’ordinamento agli enti esponenziali là dove l’azione volta a tutelare l’interesse collettivo non sia prevista espressamente dalla legge. In sostanza, il cuore del problema è la contrapposizione tra la tesi che nega la sussistenza di un doppio binario – cioè quella tesi che nega la sussistenza di una legittimazione a far valere interessi collettivi fuori dai casi previsti dalla legge – e la tesi che, invece, sposa la sussistenza di un doppio binario, in cui a logiche di tipizzazione si accompagnano (con le dovute precauzioni individuate dalla giurisprudenza e su cui si argomenterà infra, le quali sono tese ad evitare l’incontrollato proliferare di azioni popolari) logiche di atipicità. 

L’evoluzione normativa degli ultimi decenni consente di affermare come la creazione di interessi diffusi protetti - cioè a dire salvaguardati dalla predisposizione, a livello legislativo, di strumenti volti a tutelarli attraverso l’individuazione di soggetti ex lege dotati di poteri di azione volti a proteggere gli interessi collettivi di cui sono portatori (es. ex multis art. 32bis D.Lgs. 58/1998) - si pone nell’ottica di rafforzare la tutela di certi interessi.  

Discende da ciò che, se la prospettiva è quella di rafforzare la tutela, non si possono intendere le ipotesi di legittimazione ex lege come escludenti la legittimazione a far valere gli interessi collettivi al di fuori dai casi previsti dalla legge. Questo perché, ragionando in tal senso, si arriverebbe al paradosso di diminuire e non di rafforzare la tutela degli interessi che il Legislatore si pone l’obiettivo di proteggere con l’introduzione di legittimazione ad agire da parte di determinati soggetti individuati dalla legge. Se la prospettiva di legittimazione ex lege è quella di rafforzare la tutela, tale legittimazione non può escludere la sussistenza di un doppio binario.  

Inoltre, occorre sottolineare come il silenzio del legislatore sul punto sia indice della possibile convivenza nell’ordinamento  tra soggetti ex lege legittimati a tutelare interessi collettivi e soggetti che, sebbene non siano espressamente vocati in tal senso, comunque, sono legittimati ad agire per perseguire la tutela dell’interesse che coagulano al loro interno.In ultimo, nel caso di specie, si è fuori da logiche di sostituzione processuale ex art. 81 c.p.c., poiché gli Enti esponenziali non sono soggetti che fanno valere in nome proprio un diritto altrui, anzi, proprio la personificazione dell’interesse diffuso (di cui si è detto supra) rappresenta momento di sublimazione dell’interesse adesposta che si trasforma in interesse giuridicamente tutelabile, poiché riconducibile ad una situazione giuridica soggettiva propria. L’Ente esponenziale, pertanto, nel momento in cui agisce a tutela dell’interesse lo fa in suo nome e conto, poiché abilitato dall’Ordinamento a tutelare quell’interesse che si asserisce essere violato. L’Ente esponenziale non pone in essere un’azione straordinaria, in quanto fa valere un diritto in nome proprio, sicché nel momento in cui si apre alla legittimazione di soggetti al di fuori di specifici casi previsi dalla legge non si pone il problema della violazione dell’art. 81 c.p.c. La conclusione che se ne deduce è che non vi è ragione di escludere la logica del doppio binario, atteso che la previsione ex lege non è l’unica fonte di legittimazione.  

Si giunge, pertanto, al pronunciamento della Sez. IV^, che nel solco del doppio binario, approfondisce la tematica della legittimazione ad agire delle Associazioni ambientaliste, pervenendo nel caso di specie ad una sentenza in rito, in cui viene affermata l’assenza di legittimazione ad agire dell’Associazione ricorrente, in ragione dell’assenza di requisiti legittimanti che sono ritenuti, oramai, ius receptum dalla giurisprudenza.  

La sentenza è utile per comprendere come, in concreto, vengano individuati i presupposti legittimanti all’azione da parte di soggetti che, a monte, non hanno ricevuto ius postulandi da parte di una esplicita previsione legislativa.  

La legittimazione, al di fuori dei casi previsti dalla legge, deve essere accertata nel caso concreto e nella sentenza resa da Cons. St. Sez. IV, 11 aprile 2023, n. 3639 si legge: […] Ancorché la legittimazione ad agire delle Associazioni ambientaliste non può essere limitata alle sole ipotesi normativamente previste (artt. 13 e 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349; artt. 309 e 310 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il riconoscimento della legittimazione ad agire alle predette Associazioni ambientaliste anche al di fuori delle ipotesi tipizzate dal legislatore non possa condurre all’incontrollato proliferare di azioni popolari, non ammesse dall’ordinamento giuridico, se non in via del tutto eccezionale. Costituisce quindi ius receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale, ai fini del riconoscimento della legittimazione ad agire ai Comitati spontanei e/o alle Associazioni di cittadini nei confronti provvedimenti amministrativi ritenuti lesivi di interessi di carattere collettivo, debbono concorrere le seguenti condizioni: a) deve sussistere una previsione statutaria del Comitato o della Associazione che qualifichi questo obiettivo di protezione come compito istituzionale dell’Ente; b) il Comitato o l’Associazione deve dimostrare di avere consistenza organizzativa, adeguata rappresentatività e collegamento stabile con il territorio ove svolgono l’attività di tutela degli interessi collettivi; c) il Comitato o la Associazione devono dimostrare di aver svolto la propria attività per le finalità statutarie per un certo arco temporale e non debbono essere stati costituiti al solo scopo di procedere alla impugnazione di singoli atti e provvedimenti (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 22 marzo 2018 n. 1838; sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928; sez. V, 22 marzo 2012 n. 1640). 

Trattasi di affermazioni che possono dirsi ormai frutto di granitica presa d’atto della giurisprudenza della sussistenza di un doppio binario all’interno del sistema, sicché vi è legittimazione ad agire anche fuori dai casi previsti dalla legge. Tuttavia, la sentenza è chiara nel sottolineare come, al fine di evitare fenomeni degenerativi, si debba valorizzare la volontà programmatica dell’Ente di tutelare da sempre e per sempre lo specifico interesse collettivo che si asserisce essere stato violato; con un adeguato grado di rappresentatività e di stabilità; operando in un’area in cui si configura l’interesse stesso (c.d. criterio della vicinitas), sicché l’Ente esponenziale svolge la propria attività in un’area in cui è situato il bene a funzione collettiva che si assume essere leso.  

Sussiste, pertanto, la legittimazione ad agire da parte di Enti esponenziali fuori dai casi previsti dalla legge, ferma la sussistenza – che nel caso posto all’attenzione non viene riscontrata – dei presupposti legittimanti nel caso concreto.   

 

Argomento: legittimazione attiva
Sezione: Consiglio di Stato

(Cons. St, sez. IV, 11 aprile 2023 n. 3639)

stralcio a cura di Aniello Iervolino

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Ancorché la legittimazione ad agire delle Associazioni ambientaliste non può essere limitata alle sole ipotesi normativamente previste (artt. 13 e 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349; artt. 309 e 310 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il riconoscimento della legittimazione ad agire alle predette Associazioni ambientaliste anche al di fuori delle ipotesi tipizzate dal legislatore non possa condurre all’incontrollato proliferare di azioni popolari, non ammesse dall’ordinamento giuridico, se non in via del tutto eccezionale. Costituisce quindi ius receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale, ai fini del riconoscimento della legittimazione ad agire ai Comitati spontanei e/o alle Associazioni di cittadini nei confronti provvedimenti amministrativi ritenuti lesivi di interessi di carattere collettivo, debbono concorrere le seguenti condizioni: a) deve sussistere una previsione statutaria del Comitato o della Associazione che qualifichi questo obiettivo di protezione come compito istituzionale dell’Ente; b) il Comitato o l’Associazione deve dimostrare di avere consistenza organizzativa, adeguata rappresentatività e collegamento stabile con il territorio ove svolgono l’attività di tutela degli interessi collettivi; c) il Comitato o la Associazione devono dimostrare di aver svolto la propria attività per le finalità statutarie per un certo arco temporale e non debbono essere stati costituiti al solo scopo di procedere alla impugnazione di singoli atti e provvedimenti (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 22 marzo 2018 n. 1838; sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928; sez. V, 22 marzo 2012 n. 1640). 9.2. Alla luce delle coordinate ermeneutiche sopra richiamate, il Comitato No Tunnel risulta privo di legittimazione ad agire. Dall’esame dell’atto costitutivo del predetto Comitato del 16 febbraio 2016 risulta che la sua costituzione è giustificata esclusivamente dalla dichiarata finalità di contrastare la realizzazione del tunnel di cui sopra, in quanto esso avrebbe comportato una “profonda alterazione dell’assetto del territorio senza previa consultazione della cittadinanza tramite lo strumento referendario di cui è dotata”; la costituzione del Comitato No Tunnel appare principalmente preordinata (come, del resto, risulta anche dalla sua [continua ..]

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