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Sullo scioglimento del Consiglio Comunale per infiltrazione mafiosa

Mariarita Cupersito

(Cons. di Stato, sez. III, 14 maggio 2020 n. 3067)

“[N]ell’applicazione dell’art. 143 del T.U.E.L., [...], l’indubbio nesso di interdipendenza che deve esistere tra gli elementi soggettivi – i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con le associazioni mafiose – nel caso di specie dimostrati dalle stesse frequentazioni del sindaco e dei consiglieri comunali, dalla sottoscrizione di tutte e tre le liste presentatesi alle elezioni del 2015 da parte di soggetti intranei o contigui alle cosche [...], dalle parentele di tre consiglieri di minoranza con elementi controindicati – e quelli oggettivi – sul piano del corretto svolgimento delle funzioni amministrative, [...] – va valutato, complessivamente e non atomisticamente, secondo una logica probabilistica, tipica del diritto della prevenzione (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758, Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105), alla quale sicuramente anche lo scioglimento di cui all’art. 143, comma 1, del T.U.E.L., per sua stessa finalità anticipatoria, appartiene, e non già secondo il criterio della certezza raggiunta oltre ogni ragionevole dubbio, propria dell’accertamento penale. La stessa giurisprudenza amministrativa, nell’affermare la necessità che entrambi gli elementi – soggettivo e oggettivo – coesistano, ben avverte che lo sforzo ricostruttivo della loro intima connessione sistematica è ancor più necessario nel caso di piccole comunità, come quella in esame, che per dimensione, coesione interna e eventuale chiusura o limitata apertura verso l’esterno, offrono «elementi di difficile reperimento e, ove raccolti, di incerta o difficile decifrazione», con «un costante e concreto aggancio ad elementi rilevanti ed univoci che, pur non assurgendo al rango di prova, contribuiscono ad indicare un percorso di ragionevolezza valutativa e di proporzionalità ed adeguatezza della misura adottata» (Cons. St., sez. IV, 3 marzo 2016, n. 876). E nel caso di specie non si può negare, proprio nel seguire tale percorso di ragionevolezza valutativa e di proporzionalità, il nesso di interdipendenza, secondo la logica della c.d. probabilità cruciale e nell’ottica di una complessiva valutazione, sussista, in quanto i condizionamenti mafiosi sulla vita amministrativa dell’ente, per i collegamenti diretti o indiretti dei suoi amministratori con la [continua ..]

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Nota di Mariarita Cupersito

Il Consiglio di Stato si pronuncia nuovamente in merito al contenuto della valutazione prefettizia su cui si basa lo scioglimento per infiltrazioni mafiose di cui all’art. 143 del d. lgs. n. 267 del 2000 (Testo Unico degli Enti Locali). La vicenda ha per protagonista un Comune, il cui relativo d.P.R. di scioglimento è stato oggetto di giudizio dinanzi al TAR Lazio in quanto, a detta dei ricorrenti, non sussistevano i presupposti per l’applicazione dell’art. 143 TUEL ai fini dell’emanazione del provvedimento dissolutorio dell’amministrazione comunale, rilevata l’assenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata. Gli elementi che giustificavano lo scioglimento riguardavano i rapporti e le frequentazioni del sindaco con esponenti della mafia locale; invece, la tesi dei ricorrenti (poi, appellanti) sosteneva che tali incontri, la cui frequenza è da redistribuire su un lasso temporale di 27 anni, non erano da ritenersi forieri di condizionamento dell’amministrazione. È, tuttavia, emerso un ulteriore elemento consistente in una pluralità di affidamenti diretti a favore di una stessa impresa la quale, come risulta dagli atti di indagine della commissione, fa capo alla famiglia i cui componenti sono stati coinvolti in indagini e segnalazioni o, in qualche caso, condannati per il reato di associazione di stampo mafioso. Proprio sulla base della pluralità di tali affidamenti, avvenuti anche in somma urgenza ai sensi degli artt. 63 e 163 del d.lgs. 50/2016, si supponeva l’amministrazione comunale abbia favorito quella determinata azienda. Con la sentenza del 28 maggio 2019, il TAR Lazio ha respinto il ricorso affermando che la valutazione effettuata dalla competente autorità risponde ai criteri elaborati dalla già consolidata giurisprudenza amministrativa. Nello specifico, i presupposti dello scioglimento sono i c.d. elementi sintomatici, come da definizione dottrinale e giurisprudenziale, da cui possa ragionevolmente desumersi il condizionamento mafioso. L’art. 143 TUEL dispone che i consigli comunali e provinciali sono sciolti qualora emergano, dagli accertamenti effettuati, elementi “concreti, univoci e rilevanti su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata” che determino un’alterazione del funzionamento dell’ente, così da [continua ..]

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