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Modifiche unilaterali del contratto di telefonia mobile solo per giustificato motivo e ragioni oggettive

Marika Capone

(Cons. di Stato, sez. VI, 2 marzo 2020, n. 1529)

“1. La questione all’esame della Sezione attiene alla legittimità della disposizione contenuta nel regolamento adottato dall’Autorità garante delle comunicazioni nella parte in cui dispone che gli operatori di telefonia mobile possono modificare «le condizioni contrattuali solo nelle ipotesi e nei limiti previsti dalla legge o dal contratto medesimo». Si tratta di stabilire se tale prescrizione regolamentare rinvenga un fondamento nella legge e, dunque, se sia stato rispettato il principio di legalità. [...] Su un piano generale, lo ius variandi costituisce un diritto potestativo, riconosciuto ad una parte, dalla legge o dal contratto, di modificare o specificare unilateralmente il contenuto del contratto. [...] Si discute se sia ammissibile uno ius variandi di matrice convenzionale e cioè se sia legittima una clausola negoziale che attribuisca ad una sola delle parti, in particolare, il potere di modificare, nel corso dell’esecuzione, il rapporto negoziale. Un primo orientamento, minoritario, esclude che tale potere possa essere esercitato in mancanza di una norma generale che ne autorizzi l’esercizio e in presenza di una norma [...]. Un secondo orientamento, prevalente e preferibile, ritiene che tale potere sia configurabile in quanto, in mancanza di espressi divieti legali, rientra nell’autonomia negoziale delle parti [...]. Il rischio di abusi contrattuali può essere evitato mediante l’operatività di limiti all’esercizio di tale diritto potestativo. Il primo limite è di natura convenzionale e può essere rappresentato dalla introduzione nel contratto stesso di previsioni che sottopongano l’esercizio del potere di modifica unilaterale del contratto a precise condizioni di esercizio. [...] Il secondo limite è di natura legale e deriva dal principio di buona fede (artt. 1375-1376 cod. civ.). [...] Nell’ambito dei contratti con le parti deboli, caratterizzati da una situazione di squilibrio informativo ed, in alcuni casi, economico, tra le parti, il legislatore europeo e nazionale, proprio in ragione della particolare natura della clausola in esame, ha ritenuto necessario disciplinare il potere di modificazione unilaterale sottoponendo il suo esercizio a limiti legali mediante la previsione di specifiche norme imperative che costituiscono una proiezione applicativa dello stesso principio di buona fede. In [continua ..]

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Nota di Marika Capone

Il contenzioso è originato dall’impugnazione di una delibera dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) con la quale si modificava il Regolamento per l’esercizio dello ius variandi, ossia il diritto di mutare unilateralmente le condizioni contrattuali. L’Au­torità, infatti, aveva previsto la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali «solo nelle ipotesi e nei limiti previsti dalla legge o dal contratto medesimo»; per le compagnie telefoniche ciò rappresentava una limitazione ingiustificata all’esercizio dello ius variandi. Nell’accogliere il ricorso di primo grado, il Collegio aveva ritenuto che il potere esercitato dall’Autorità dovesse essere reputato privo di base legale, considerato che nel settore delle telecomunicazioni non potevano applicarsi le norme relative alle clausole abusive nei contratti dei consumatori. L’appellante ha ritenuto erronea la sentenza del T.A.R., sul presupposto che il Codice del Consumo condizioni l’esercizio dello ius variandi alla presenza di un “giustificato motivo”. Il Consiglio di Stato, pertanto, ha circoscritto la questione e si è concentrato sul comprendere se la modifica regolamentare rispettasse il principio di legalità, interrogandosi sulla possibilità di ritenere ammissibile uno ius variandi di matrice convenzionale. La sentenza ha dato atto dell’esistenza di due orientamenti giurisprudenziali: uno, minoritario, che esclude il potere di modifica unilaterale in mancanza di una norma generale; un secondo, maggioritario, che ritiene configurabile tale potere poiché, in assenza di espresso divieto legale, rientra nei limiti dell’autonomia contrattuale delle parti consentire la modifica unilaterale del contratto. Vero è che tali clausole possono dar vita ad abusi, ma questo rischio può essere arginato con condizioni limitatrici l’esercizio di tale diritto, come ad esempio: la modifica unilaterale a sole precise condizioni e il limite legale della buona fede. Per lo ius variandi nell’ambito di contratti caratterizzati da una situazione di squilibrio tra le parti, il legislatore, sia a livello europeo che nazionale, ha reputato necessario disciplinare tale potere attraverso specifiche norme imperative. Nei contratti dei consumatori, il d.lgs. 206/2005 ha previsto, a tal proposito, due clausole che si presumono [continua ..]

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