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Obblighi dichiarativi ex art. 80, comma 5, lett. c e f-bis, d.lgs. n. 50 del 2016 e false dichiarazioni

Fabrizia Rumma

(Cons. di Stato, Adunanza Plenaria, 28 agosto 2020, n. 16)

“Nel merito della questione deferita a questa Adunanza plenaria, concernente in estrema sintesi i rapporti tra le lettere c) ed f-bis dell’art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, deve innanzitutto segnalarsi che la Sezione rimettente: a) premette che: - gli obblighi dichiarativi posti a carico degli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici hanno carattere strumentale rispetto alla valutazione di competenza della stazione appaltante sull’integrità ed affidabilità degli stessi ed in ragione di ciò essi si estendono ad «ogni dato o informazione comunque rilevante» rispetto alla valutazione stessa; - pertanto, la violazione degli obblighi dichiarativi ha «attitudine a concretare, in sé, una forma di grave illecito professionale», a dispetto del loro carattere strumentale; sarebbe conseguentemente necessaria «una puntuale perimetrazione della portata (e dei limiti) degli obblighi informativi», al fine di distinguere tra mere omissioni e vere e proprie violazioni di obblighi dichiarativi posti a carico dell’operatore economico; - solo in questo secondo caso sarebbe giustificata «di per sé – cioè in quanto illecito professionale in sé considerato – l’operatività, in chiave sanzionatoria, della misura espulsiva», mentre nella prima ipotesi la stazione appaltante dovrebbe valutare se l’omissione incida negativamente sull’integrità ed affidabilità del concorrente e solo all’esito escludere il concorrente; b) ricorda che: - per la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato l’individuazione dei gravi illeciti professionali da parte dell’art. 80, comma 5, lett. c), del codice dei contratti pubblici ha carattere di «norma di chiusura», in cui gli illeciti ivi previsti hanno «meramente esemplificativo», in grado di comprendere «ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata» dell’operatore economico «di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa», l’omessa dichiarazione della quale integra «in sé e per sé» l’ipotesi di illecito causa di esclusione dalla gara […]; - in senso parzialmente diverso, si registrano pronunce tendenti a limitare la portata generalizzata degli [continua ..]

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Nota di Fabrizia Rumma

La Quinta sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza di rimessione n. 2332 del 9.4.2020, nell’ambito di due giudizi (riuniti) aventi ad oggetto l’impugnazione, da parte di prima e seconda classificata, dei relativi provvedimenti di esclusione, ha deferito all’Adu­nanza Plenaria la questione concernente l’esclusione dell’originaria aggiudicataria disposta per falsità dichiarativa ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis), D.lgs. 50/2016, in relazione alla propria cifra d’affari, per la quale l’Impresa aveva fatto ricorso all’avvalimento di un Consorzio. Secondo il provvedimento impugnato, tale dichiarazione era inficiata da falsità nella parte in cui era stato cumulato il fatturato della consorziata, benché la stessa fosse stata in precedenza sospesa dai benefici consortili con apposita deliberazione dell’ausiliario Consorzio (a causa dell’intervenuta scadenza dell’attestazione SOA). La Sezione rimettente dubita che, a tale ipotesi, sia applicabile la disposizione di cui alla menzionata lettera f-bis), che comporta un automatismo espulsivo, ipotizzando invece che la fattispecie possa incardinarsi nella lettera c) (ora, c-bis) che comporterebbe, per la stazione appaltante, una valutazione di incidenza sull’integrità ed affidabilità del concorrente. Ragion per cui, l’Adunanza è stata chiamata a verificare se nel caso concreto la dichiarazione resa dall’aggiudicataria sulla propria cifra d’affari (recte: il cumulo delle cifre d’affari delle otto consorziate dell’ausiliaria) dovesse essere ricompresa nell’ipotesi di false dichiarazioni (lett. f-bis) per aver incluso anche il fatturato di una consorziata in precedenza sospesa dai benefici consortili. La prima questione che discende dall’appello, e che rappresenta, sostanzialmente, il fulcro della questione rimessa dalla Sezione, è se la dichiarazione debba considerarsi o meno falsa. Sul punto, spiega il Consesso, che non può trattarsi di falsa dichiarazione perché, effettivamente, la consorziata, poi sospesa, ha conseguito nel triennio 2013-2015 la cifra d’affari indicata in sede di partecipazione. Quindi, esclusa in radice la natura fasulla della dichiarazione strettamente intesa, la questione su cui occorre soffermarsi è se la cifra d’affari di una consorziata, sospesa, possa cumularsi con quella [continua ..]

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