home / Archivio / Diritto Amministrativo raccolta del 2020 / Diritto europeo e processo amministrativo

indietro stampa contenuto indice libro leggi libro


Diritto europeo e processo amministrativo

Irene Pellegrini

(Cons. di Stato, sez. IV, 9 luglio 2020, n. 4403)

“[...] [I]l Collegio osserva che anche l’applicazione del diritto europeo [...] deve sottostare alle regole del processo amministrativo. Al riguardo si rileva che: – la Corte giustizia UE, nella pronuncia del 17 marzo 2016, C– 161/15, Bensada, ha affermato che un motivo attinente alla violazione del diritto di essere sentito, come garantito dal diritto dell’Unione, sollevato per la prima volta dinanzi al giudice nazionale, in un procedimento per cassazione, deve essere dichiarato ricevibile se tale diritto, come garantito dall’or­dinamento nazionale, soddisfa le condizioni previste da detto ordinamento per essere qualificato come motivo di ordine pubblico; sicché la Corte, nel riconoscere l’operatività del principio di autonomia processuale degli Stati membri, prendendo come parametro nella fattispecie quello di equivalenza, ha ritenuto che, qualora esso non sia violato, la violazione del diritto di essere sentiti, se non ritualmente e tempestivamente dedotta nel processo, resta ferma e non scatta l’obbligo di funzionalizzare la regola processuale nazionale per rendere effettivo il diritto comunitario; – inoltre, la Corte giustizia UE, nella pronuncia 14 dicembre 1995, in cause riunite C-430/93 e C-431/93, van Schijndel, con riferimento al principio dispositivo, ha chiarito che “il diritto comunitario non impone ai giudici nazionali di sollevare d’ufficio un motivo basato sulla violazione di disposizioni comunitarie, qualora l’esame di tale motivo li obblighi a rinunciare al principio dispositivo, alla cui osservanza sono tenuti, esorbitando dai limiti della lite quale è stata circoscritta dalle parti e basandosi su fatti e circostanze diversi da quelli che la parte processuale che ha interesse all’applicazione di dette disposizioni ha posto a fondamento della propria domanda” (così punto 22); – così come, più in generale, la Corte di giustizia UE, sezione I, nella sentenza 4 marzo 2020, C–34/19, Telecom Italia s.p.a., ha affermato che: “Il diritto dell’Unione dev’essere interpretato nel senso che esso non impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme di procedura interne che riconoscono autorità di cosa giudicata a una pronuncia di un organo giurisdizionale, anche qualora ciò consenta di porre rimedio a una violazione di una disposizione del diritto dell’Unione, [continua ..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login inizio


Nota di Irene Pellegrini

Con la sentenza n. 4403, pubblicata il 9 luglio 2020, la Sezione Quarta del Consiglio di Stato è tornata a occuparsi della questione concernente il rapporto tra diritto di matrice europea e diritto nazionale e, in species, della portata applicativa del principio di primauté rispetto alle norme che regolano il processo amministrativo. La pronuncia in commento trae origine dal ricorso proposto dal legale rappresentante di un’azienda avverso il diniego del permesso a costruire di un capannone agricolo, emanato dal Comune per contrasto con gli strumenti urbanistici; difatti, i terreni interessati dall’edifica­zione risultavano oggetto di esproprio finalizzato alla realizzazione di un’infrastruttura autostradale. Osservando come la natura vincolata dell’attività amministrativa volta ad attuare gli strumenti urbanistici escludesse qualsiasi discrezionalità in capo al Comune, il T.A.R. respingeva il ricorso. La ricorrente esperiva dunque appello dinanzi al Consiglio di Stato, per ottenere la riforma della sentenza di primo grado e il conseguente integrale accoglimento del ricorso, oltre al risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimo esercizio della funzione pubblica; si costituiva altresì in giudizio il Comune, affiancato dalla Regione tramite intervento ad opponendum. I tre motivi di censura avanzati dall’appellante erano essenzialmente imperniati sulla violazione, da parte del giudice di prime cure, del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c, nonché sulla falsa applicazione della legge n. 241/90 in merito ai diritti partecipativi e al dovere di trasparenza della P.A. e sul difetto di motivazione della decisione impugnata, la quale veniva altresì tacciata di ledere i principi costituzionali di libertà di iniziativa economica e del diritto al lavoro. In ordine a quest’ultimo punto, l’appellante denunciava l’illegittimità dell’art. 20 della legge regionale n. 12/2005 e dell’art. 19, commi 3, lettera c) e 4, legge regionale n. 9/2001, nella parte in cui tali norme avrebbero introdotto contro il singolo gravi limitazioni alla libertà, proprietà e lavoro in totale assenza di proporzionalità; in conseguenza di ciò, chiedeva quindi di disapplicare le disposizioni summenzionate per violazione degli artt. 49 e 56 TFUE, degli [continua ..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login inizio