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La configurabilità della “rinuncia abdicativa” nel procedimento espropriativo

Lorenza Pedullà

(Cons. di Stato, Adunanza Plenaria, 20 gennaio 2020, n. 4)

“[…] [L]a Sezione rimettente [...] in sintesi rileva che: l’art. 42-bis prevede che l’autorità, che utilizza sine titulo un bene immobile per scopi di interesse pubblico (con ciò perpetrando un illecito permanente), deve valutare con un provvedimento da emanare d’ufficio (e che può essere sollecitato dalla parte in caso di inerzia) “gli interessi in conflitto”, adottando un provvedimento conclusivo con cui sceglie se acquisire il bene o restituirlo; in altri termini, la richiamata disciplina obbliga l’amministrazione occupante all’esercizio del potere di natura discrezionale in ordine alla scelta finale da compiere all’esito della valutazione dei contrapposti interessi, ma esclude che il giudice possa decidere sulla sorte del bene nel giudizio di cognizione promosso dal proprietario e, a maggior ragione, che sia quest’ultimo a poter decidere attraverso la dichiarazione unilaterale di averlo perso o di volerlo perdere o di richiederne il controvalore o di rinunciare (implicitamente o espressamente) al diritto di proprietà [...]. [...] […] [L]e questioni rimesse a questa Adunanza plenaria [...] possono articolarsi nei seguenti quesiti: se la tesi che riconosce al proprietario del bene illegittimamente occupato e trasformato dalla pubblica amministrazione la facoltà di rinunciare al diritto di proprietà e di chiedere il risarcimento per equivalente del danno da perdita della proprietà, con l’effetto di determinare la cessazione dell’illecito permanente di occupazione sine titulo, sia compatibile con l’istituto delineato dall’art. 42-bisP.R. n. 327/2001, che si colloca nel settore ordinamentale speciale delle espropriazioni per pubblica utilità; se una siffatta rinuncia abdicativa possa, in linea generale, ritenersi implicita nella domanda risarcitoria per equivalente proposta in sede giudiziale (sempre, s’intende, con riferimento al danno da perdita della proprietà, attraverso la richiesta di un risarcimento che, quale posta principale, comprenda il valore venale del bene). […] 16.2.1. In primo luogo, va rilevato che la trasposizione della figura negoziale della rinuncia abdicativa dall’ambito privatistico al settore dell’espropriazione per pubblica utilità […] genera un’irrazionalità amministrativa di tipo funzionale, in quanto lascia [continua ..]

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Nota di Lorenza Pedullà

Il Consiglio di Stato, con un arresto che si pone al crocevia con la materia dei diritti reali, fa definitivamente chiarezza in ordine alla specifica modalità di acquisto alla mano pubblica costituita dalla rinuncia abdicativa del privato, escludendone la percorribilità nel contesto espropriativo. Al fine di meglio apprezzare le ragioni della decisione, giova premettere qualche considerazione in tema di rinuncia. Non tutti i diritti soggettivi sono passibili di rinuncia: se non v’è dubbio in ordine alla rinunziabilità dei diritti relativi, la soluzione non è univoca quanto ai diritti assoluti. Mentre infatti i diritti della personalità sono, inter alia, irrinunciabili, i diritti reali rappresentano il terreno elettivo della rinuncia, che si declina nelle forme della rinuncia traslativa, dell’abban­dono liberatorio e della rinuncia abdicativa. La prima si configura come la controprestazione di un contratto dispositivo bilaterale, che produce, al contempo, l’effetto di dismissione del diritto reale e di trasmissione dello stesso all’avente causa. La rinuncia liberatoria, invece, si giustifica in relazione alle obbligazioni propter rem, le quali, stante la forte inerenza ad una res, si caratterizzano per il fatto che l’individuazione del­l’obbligato avviene per relationem, i.e. in rapporto alla titolarità di un diritto reale; tale rinuncia risponde alla ratio di non sopportare più le spese connesse alla res, comportando l’effetto liberatorio da tutte le obbligazioni ad essa inerenti. Da ultimo, la rinuncia (meramente) abdicativa consiste in un negozio giuridico unilaterale, non recettizio, mediante cui un soggetto abdica ad una situazione giuridica di cui è titolare, senza che da tale volontaria dismissione consegua la traslazione in capo a soggetto diverso della situazione giuridica de qua, né l’automatica estinzione della stessa, differenziandosi di tal guisa dalla rinuncia traslativa, alla luce del difetto della componente traslativo-derivativa dell’acquisto e della natura contrattuale. Chiamata a stabilire se l’illecito permanente costituito dall’esproprio illegittimo della p.a. venga meno solo nei casi previsti ex art. 42 bis, D.P.R. n. 327/2001 (l’acquisizione del bene o la sua restituzione) – salva la stipula di un contratto traslativo tra le parti – e “se, pertanto, la rinuncia [continua ..]

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