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Soccorso istruttorio: non soccorribilità (sia in funzione integrativa, sia in funzione sanante) degli elementi integranti, anche documentalmente, il contenuto dell'offerta (tecnica od economica)

Alisia Mercurio.

Il soccorso istruttorio e il favore per la più ampia partecipazione alle procedure concorsuali trovano da sempre un limite insuperabile nell’esigenza di garantire la par condicio dei candidati, che sarebbe platealmente violata se le opportunità di regolarizzazione, chiarimento o integrazione documentale si traducessero in occasioni di “aggiustamento postumo” di irregolarità non sanabili.

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato analizza l’istituto del soccorso istruttorio, anche alla luce del nuovo Codice dei contratti pubblici, chiarendone funzioni e limiti.

Il caso in esame riguarda una procedura negoziata, senza previa pubblicazione del bando di gara, ai sensi dell'art. 63 del previgente Codice di cui al d. lgs. n. 50/2016, finalizzata all'affidamento del servizio di "digitalizzazione dei fascicoli giudiziari, ibridi e cartacei".

Il capitolato speciale richiedeva, relativamente ai requisiti di partecipazione e con specifico riferimento alle figure del "responsabile unico" e del "coordinatore" del servizio, il possesso di laurea magistrale in discipline tecnico-scientifiche, economico-gestionali "o equivalenti”. Inoltre, la stazione appaltante, nel rispondere ad apposito quesito, specificava che sarebbero state ritenute idonee anche le lauree "equipollenti", in ordine alle quali sarebbe stata applicata la specifica normativa.

L’appellante era stato escluso in quanto la laurea dichiarata nel curriculum del Responsabile del servizio di uno dei lotti in cui era stato suddiviso l’appalto non era stata corredata dalla dichiarazione di equipollenza e, trattandosi di requisito di capacità tecnico professionale, non era sanabile con il soccorso istruttorio mediante produzione successiva della attestazione di equipollenza o mediante sostituzione del curriculum vitae con altro idoneo.

Il ricorso avverso l’esclusione era respinto.

I motivi di impugnazione vertevano, in particolare, sulla circostanza per cui il capitolato tecnico richiedeva esclusivamente il "Possesso di laurea magistrale in discipline tecniche-scientifiche, economico-gestionali o equivalenti", mentre non era contemplata la produzione di una dichiarazione di equipollenza del titolo di studio. Inoltre, il richiamo alla legge n. 148/2002, in forza della quale per il conferimento di valore legale ai titoli di studio conseguiti all’estero sono necessari la richiesta e il conseguimento della attestazione di equipollenza, non poteva operare in via di eterointegrazione, ponendosi in contrasto con i principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e di massima concorrenza.

Il Consiglio di Stato, dopo aver chiarito il significato della clausola di equivalenza - riferita non alla laurea ma alle discipline, nel senso che la laurea deve afferire a discipline dell’ambito tecnico- scientifico, ovvero economico-gestionale o di ambiti equivalenti - si è soffermato diffusamente sulla c.d. eterointegrazione del bando.

Sul punto, il G.A. ha dichiarato che quest’ultima, “opera in presenza di una (obiettiva) lacuna delle regole di gara (nella specie: l’attitudine della laurea a concretare un idoneo titolo di studio…) ovvero nel caso in cui la stazione appaltante abbia omesso di inserire nella disciplina di gara elementi previsti come necessari ed obbligatori dall’ordinamento giuridico nel suo complesso…”.

Ciò sull’assunto secondo cui l’indicazione del titolo di studio, nel caso di specie della laurea magistrale, implica il requisito della sua validità. Nello specifico, per i titoli conseguiti all’estero, tale validità presuppone, ai sensi della l. n. 148/2002, uno specifico e qualificato accertamento sulla sostanziale omogeneità, adeguatezza e comparabilità dei percorsi formativi e delle modalità di verifica, e una formale certificazione di equipollenza.

D’altro canto, prosegue il Giudice, l’eterointegrazione del bando non collide con il principio di tassatività delle cause di esclusione, in quanto imposta dalla necessità di un valore legale del titolo di studio, requisito che doveva ritenersi implicito nella legge di gara.

Né la carenza della attestazione di equipollenza poteva essere superata con il soccorso istruttorio, sollecitando la produzione del certificato di equipollenza o attraverso la surrogazione della risorsa.

A questo punto il Collegio definisce la portata del suddetto soccorso istruttorio il cui scopo è quello di evitare che le rigorose formalità che caratterizzano le procedure di evidenza pubblica si traducano in un pregiudizio per la qualità delle proposte negoziali e, in definitiva, per il risultato dell’attività amministrativa.

Si tratta di una regola improntata ai principi di leale cooperazione e di reciproco affidamento tra le stazioni appaltanti e gli operatori economici.Al riguardosi richiama autorevole dottrina, per la quale “il dovere di soccorso istruttorio non è altro che una manifestazione dell’apertura del procedimento alla partecipazione che impone all’amministrazione di abbandonare posizioni formalistiche e distaccate per procedere all’acquisizione più completa e precisa possibile degli elementi per decidere” (vedasi S. Monzani, L’integrazione documentale nell’ambito di un appalto pubblico tra esigenze di buon andamento e di tutela della par condicio dei concorrenti, in Foro amm. CdS, 2009, 2346 ss.).

La sentenza ribadisce la distinzione tra i vari tipi di soccorso istruttorio, ovvero:

  1. Soccorso integrativo o completivo, previsto attualmente dal comma 1, lett. a) dell’art. 101 del d.lgs. 36/2023 e non difforme dall’art. 83, comma 9, codice previgente, che mira, appunto, alla integrazione in termini quantitativi della documentazione amministrativa carente, con esclusione della documentazione afferente all’offerta tecnica-economica e purché si tratti di documenti acquisibili direttamente dalla stazione appaltante.Al riguardo, in una pronuncia del 2007, il TAR Toscana aveva affermato che se è vero che l’acquisizione d’ufficio dei documenti, da parte dell’amministrazione, obbedisce al criterio di buon andamento dei pubblici uffici, è altrettanto vero che non può configurarsi a carico dell’amministrazione stessa un onere di ricerca al buio della documentazione di volta in volta utile per l’interessato(T.A.R. Toscana, sez. I, 26 luglio 2007, n. 1549, in Il foro toscano, 3/2007, 394).
  2. Soccorso sanante (comma 1, lett. b) dell’art. 101 del d.lgs. 36/2023 e art. 83, comma 9, d.lgs.50/2016) che, invece, consente di rimediare, in termini qualitativi a omissioni, inesattezze o irregolarità della documentazione amministrativa, con il limite della irrecuperabilità di documentazione di incerta imputazione soggettiva.
  3. Soccorso istruttorio in senso stretto (comma 3 dell’art. 101) che abilita la stazione appaltante a richiedere chiarimenti sui contenuti dell’offerta tecnica e/o economica, il cui scopo è quello di ricercare l’effettiva volontà dell’impresa concorrente, superando le ambiguità, e fermo il divieto di apportarvi modifiche.
  4. Soccorso correttivo (comma 4 dell’art. 101) che abilita direttamente il concorrente, fino al giorno dell’apertura delle offerte, alla rettifica di errori materiali alla duplice condizione della immodificabilità sostanziale dell’offerta e del rispetto dell’anonimato.

È evidente come le varie ipotesi di soccorso istruttorio siano accomunate dal divieto di modificabilità dell’offerta tecnica o economica, pena il contrasto con il superiore principio di parità dei concorrenti.

In definitiva, osserva il Collegio, si possono sanare le carenze o le irregolarità che attengono alla allegazione dei requisiti di ordine generale, non quelle relative ai requisiti di ordine speciale che attengono all’offerta, ovvero alla capacità economica, tecnica e professionale richiesta per l’esecuzione delle prestazioni messe a gara.

Nel caso di specie, la mancanza della certificazione di equipollenza del titolo di studio non si risolverebbe in un fatto meramente formale; “ciò sarebbe”, secondo il Consiglio di Stato,  “quando si fosse chiesto di integrare il curriculum con la (postuma) produzione di una (già conseguita) attestazione di equipollenza; non quando si vorrebbe supplire alla (acclarata) inidoneità (per insufficienza del titolo, in quanto privo di riconoscimento del valore legale) del personale con l'indicazione di personale alternativo, per quanto (asseritamente) nella disponibilità dell'impresa”.

La sentenza è interessante non solo perché chiarisce la portata del dovere di soccorso istruttorio dell’amministrazione, ma anche perché smentisce il precedente orientamento del C.G.A., il quale, pur muovendo dalla necessità di una certificazione di equipollenza dei titoli di studio, aveva affermato che la stazione appaltante avrebbe dovuto ricorrere al soccorso istruttorio sollecitando la produzione di tale certificazione o valorizzando una risorsa alternativa, in quanto il curriculum non rappresentava un requisito di partecipazione, ma un mezzo a comprova del requisito di partecipazione.

Il Consiglio di Stato, invece, chiarisce come il titolo di studio integri un requisito di ordine tecnico- professionale richiesto espressamente dal capitolato tecnico, sicchè la indicazione di un diverso titolo di studio riferita a diversa figura professionale significherebbe legittimare la modifica dell’offerta. Il che, si ribadisce, comporterebbe la lesione di un principio cardine delle gare, ovvero la par condicio dei concorrenti.

 

Argomento: Appalti pubblici
Sezione: Consiglio di Stato

(Cons. di Stato, sez. V, 21 agosto 2023, n. 7870)

Stralcio a cura di Rossella Bartiromo

“Importa osservare, in premessa ed in termini generali, che l’istituto del soccorso istruttorio obbedisce, per vocazione generale (cfr. art. 6 l. n. 241/1990), ad una fondamentale direttiva antiformalistica che guida l’azione dei soggetti pubblici ed equiparati. Con riguardo alle procedure di evidenza pubblica, esso si fa carico di evitare, nei limiti del possibile, che le rigorose formalità che accompagnano la partecipazione alla gara si risolvano – laddove sia garantita la paritaria posizione dei concorrenti – in disutile pregiudizio per la sostanza e la qualità delle proposte negoziali in competizione e, in definitiva, del risultato dell’attività amministrativa. In tale prospettiva, la regola – che traduce operativamente un canone di leale cooperazione e di reciproco affidamento tra le stazioni appaltanti o gli enti concedenti e gli operatori economici (cfr. art. 1, comma 2 bis legge n. 241/1990) – ha visto riconosciuta (ed accresciuta) la sua centralità nel nuovo Codice dei contratti pubblici: il quale, per un verso, vi dedica (a differenza del Codice previgente, peraltro ancora applicabile ratione temporis alla vicenda in esame, che lo disciplinava, in guisa alquanto incongrua, a margine dei criteri di selezione delle offerte: cfr. art. 83, comma 9 d. lgs. n. 50/2016) una autonoma e più articolata disposizione (art. 101) e, per altro verso, ne amplifica l’ambito, la portata e le funzioni, superando, altresì, talune incertezze diffusamente maturate nella prassi operativa. Quand’anche si intenda dilatarne al massimo la portata (in certo modo filtrando – con non abusiva operazione esegetica, ben fondata su un ragionevole canone di ordine teleologico – l’interpretazione dell’art. 83, comma 9 del d. lgs. n. 50/2016 con la più ariosa prospettiva dischiusa, in termini solo parzialmente innovativi, dall’art. 101 del d.lgs. n. 36/2023), si dovrà, in ogni caso, puntualizzare, sotto un profilo funzionale, la necessaria distinzione tra: a) soccorso integrativo o completivo (comma 1, lettera a)dell’art. 101 d. lgs. n. 36 cit., non difforme dall’art. 83, comma 9), che mira, in termini essenzialmente quantitativi, al recupero di carenze della c.d. documentazione amministrativa necessaria [continua ..]

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