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La pendenza del controllo giudiziario non è causa di sospensione del giudizio di impugnazione contro l'informazione antimafia interdittiva

nota di Maria Strino. L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato si è pronunciata, con la sentenza in commento, sui rapporti sussistenti tra il giudizio di impugnazione dell’informazione antimafia interdittiva e il c.d. controllo giudiziario volontario (art. 34-bis, comma 6, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo n. 159/2011).

In linea con una rinnovata concezione della prevenzione antimafia, quest’ultimo procedimento mira al risanamento dei soggetti imprenditoriali esposti al rischio di infiltrazioni criminali, preservando e valorizzando la continuità delle attività economiche. L’informazione interdittiva antimafia (art. 84, comma 3, del decreto legislativo n. 159/2011) realizza, invece, la massima anticipazione dell’azione di prevenzione, consentendo al Prefetto di inibire in certa misura la libertà di iniziativa economica, in presenza di un assetto indiziario da cui emerga la permeabilità mafiosa dell’impresa.

La coesistenza di siffatte misure preventive ha generato, nel tempo, un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale, incentrato specialmente sulle reciproche interferenze, alimentate dalla previsione normativa di una specifica connessione genetica tra l’impugnazione dell’interdittiva prefettizia e il controllo giudiziario volontario. In ipotesi di impugnazione dell’informazione antimafia, infatti, è prevista la possibilità, per l’impresa destinataria del citato provvedimento interdittivo, di chiedere l’applicazione del controllo giudiziario. Tale ultima misura comporta (art. 34-bis, comma 7, del codice delle leggi antimafia) la sospensione degli effetti inibitori delle informazioni prefettizie, avuto particolare riguardo all’incapacità legale di contrattare con la pubblica amministrazione.

Le evidenziate ricadute di natura sostanziale hanno indotto ad interrogarsi sulle possibili interconnessioni processuali, vale a dire sull’incidenza del procedimento di cui al menzionato art. 34-bis, comma 6, del decreto legislativo n. 159/2011 (c.d. controllo giudiziario volontario o a domanda) sul ricorso contro l’informazione antimafia interdittiva. L’ordinanza di rimessione n. 4578/2022, pertanto, ha sollecitato nel caso in esame l’intervento dei giudici di Palazzo Spada sull’applicabilità della sospensione necessaria (articoli 79, comma 1, c.p.a. e 295 c.p.c.) al giudizio amministrativo di impugnazione dell’informazione antimafia.

Sulla scorta del collegamento rinvenibile tra i due citati strumenti di contrasto alle infiltrazioni malavitose, la predetta ordinanza ha ritenuto di poter affermare “che il carattere provvisorio della sospensione postulerebbe che il giudizio di impugnazione dell’informazione antimafia non venga definito. In caso contrario, ed in particolare di rigetto definitivo dell’impugnazione, l’interdittiva si consoliderebbe e con essa l’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione, in conseguenza della quale sarebbe travolto l’effetto sospensivo derivante dall’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario”.

Secondo l’ordinanza di rimessione, nello specifico, al fine di evitare l’espulsione dal mercato degli operatori economici, si dovrebbe comunque assicurare la definizione della procedura ex art. 34-bis del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, destinata a tradursi in caso positivo con il rilascio di un’informazione liberatoria, e dunque con il pieno ritorno dell’impresa alla libera concorrenza”.

Alla luce della giurisprudenza di legittimità sviluppatasi in ambito penalistico, “per l’ordinanza di rimessione il vincolo genetico della procedura di controllo giudiziario, consistente ai sensi del sopra richiamato art. 34-bis, comma 6, nella pendenza del ricorso contro l’interdittiva antimafia, assumerebbe quindi le caratteristiche di una condizione di procedibilità della procedura, che intanto può essere definita in quanto non sia definitivamente accertata la legittimità dell’atto prefettizio”. Conseguentemente, la definizione del ricorso avverso l’interdittiva rivestirebbe carattere recessivo rispetto all’interesse sotteso al controllo giudiziario.

La sentenza dell’Adunanza plenaria in commento, tuttavia, non ha aderito alla tesi della sospensione necessaria, respingendo “il postulato su cui essa si fonda, secondo cui il giudizio di impugnazione contro l’interdittiva antimafia deve essere ancora pendente non solo quando l’impresa domanda al tribunale della prevenzione penale di essere sottoposta al controllo giudiziario, come prevede testualmente il più volte citato art. 34-bis, comma 6, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, ma per tutta la durata di quest’ultimo”.

Un’attenta analisi della linea interpretativa seguita dalla Corte di Cassazione penale, in realtà, ha dato modo al Consiglio di Stato di escludere che sussista un vero e proprio rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra l’interdittiva e il controllo giudiziario volontario. In base alle riflessioni maturate ad opera della giurisprudenza di legittimità, invero, non emergono elementi specificamente rivolti ad affermare la necessità di una perdurante pendenza del giudizio impugnatorio fino alla conclusione della procedura di controllo giudiziario volontario.

I giudici di Palazzo Spada, dunque, hanno offerto una puntuale ricostruzione delle argomentazioni contrarie alla tesi della sospensione necessaria.

Sul piano testuale, si è evidenziato come la formulazione dell’art. 34-bis, comma 6, del codice delle leggi antimafia “si limita a prevedere che – quando chiede di essere sottoposta al controllo giudiziario – l’impresa interessata abbia impugnato l’interdittiva, ma non anche che il giudizio di impugnazione penda per tutta la durata del controllo” (in favore dell’autonomia dei procedimenti si era già espressa la III sezione del Consiglio di Stato, con sentenza 19 maggio 2022, n. 3973).

Sul versante sistematico, si è fatta rilevare la differenza tra l’interdittiva e il controllo giudiziario: nonostante entrambi si contraddistinguano per una comune funzione preventiva, infatti, la prima è destinata ad anticipare la soglia di difesa sociale attraverso un’indagine di tipo statico, mentre il secondo si connota, altresì, per il perseguimento di finalità dinamiche di recupero dell’impresa. Se, allora, l’interdittiva si basa su accertamenti prefettizi “rivolti al passato”, il controllo giudiziario “oltre al presupposto dell’occasionalità dell’agevolazione mafiosa previsto dall’art. 34-bis, comma 6, (…), richiede una prognosi favorevole del Tribunale della prevenzione penale sul superamento della situazione che ha in origine dato luogo all’interdittiva”.

L’esigenza di risanamento, quindi, non si ritiene possa venir meno, anche laddove l’informazione interdittiva “non sia annullata all’esito del giudizio di impugnazione devoluto al giudice amministrativo, e dunque si accerti in chiave retrospettiva l’esistenza di infiltrazioni mafiose nell’impresa”. A maggior ragione, anzi, sussisterebbe la predetta esigenza in ipotesi di rigetto dell’impugnazione e conseguente accertamento in via definitiva della contiguità dell’impresa al fenomeno mafioso.

La valorizzazione della suddetta funzione risanatrice ha consentito, pertanto, di aderire all’impostazione che postula l’indifferenza del controllo giudiziario rispetto “all’esito del giudizio sulla legittimità dell’interdittiva in ragione degli effetti sospensivi previsti dal parimenti più volte richiamato art. 34-bis, comma 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”. Tali effetti, a ben vedere, non presuppongono che il giudizio sull’interdittiva resti pendente.

La sentenza in commento si è soffermata, inoltre, sull’istituto processuale della sospensione, rimarcandone il ruolo di prevenzione “rispetto al rischio di contrasto di giudicati”. L’art. 295 c.p.c. dispone, tassativamente, che il processo venga sospeso in ogni caso in cui si debba risolvere una controversia, dalla cui definizione dipenda la decisione della causa. Alla stregua di tale impostazione, ispirata ai principi di unitarietà e non contraddizione, non rileva alcun rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra il giudizio impugnatorio ed il controllo giudiziario.

Ulteriori argomentazioni sfavorevoli alla tesi della sospensione necessaria sono state ricavate, ancora, dalla disciplina recentemente introdotta in materia di misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale. L’articolo 94-bis del codice delle leggi antimafia regola espressamente i rapporti di connessione esistenti tra le misure in parola ed il controllo giudiziario, connotando quest’ultimo in termini di preminenza. Il comma 3 del richiamato articolo statuisce, invero, la cessazione delle misure amministrative, ove si disponga il controllo giudiziario. Ragionando a contrario, la mancanza di una specifica regolamentazione dei rapporti tra l’interdittiva antimafia e il controllo giudiziario farebbe propendere, piuttosto, per “l’assenza di condizionamenti reciproci tra i due istituti ulteriori rispetto alla connessione genetica prevista dal più volte richiamato comma 6 dell’art. 34-bis”.

Le considerazioni maturate in argomento sono state estese, infine, al rapporto che sussiste tra il controllo giudiziario e il commissariamento dell’impresa appaltatrice (articolo 32, comma 10, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90) per il completamento dell’esecuzione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione dall’impresa destinataria di un’informazione antimafia interdittiva.

Argomento: interdittiva antimafia
Sezione: Adunanza Plenaria

(Cons. St., Ad. Plen. 13 febbraio 2023, n. 7) stralcio a cura di Rossella Bartiromo

“Non può […] essere condiviso il postulato […] secondo cui il giudizio di impugnazione contro l’interdittiva antimafia deve essere ancora pendente non solo quando l’impresa domanda al tribunale della prevenzione penale di essere sottoposta al controllo giudiziario, come prevede testualmente […] [l’] art. 34-bis, comma 6, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, ma per tutta la durata di quest’ultimo. […] 10. Dall’esame della giurisprudenza della Cassazione, non emerge una ricostruzione del rapporto tra l’interdittiva e il controllo giudiziario volontario in termini di pregiudizialità-dipendenza di intensità maggiore rispetto alla connessione genetica ricavabile dal[l’][…] art. 34-bis, comma 6, del codice delle leggi antimafia e delle misure di sicurezza. La connessione tra i due istituti è stata espressa nel senso che, a differenza dell’autonomia che contraddistingue l’accertamento del tribunale penale nel controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34-bis, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, in ordine al «pericolo concreto di infiltrazioni mafiose» idonee a condizionare l’attività delle imprese, nel caso di controllo c.d. volontario di cui al comma 6 della medesima disposizione lo stesso organo giurisdizionale «deve tener conto dell’accertamento di quello stesso prerequisito effettuato dall’organo amministrativo con l’informazione antimafia interdittiva, che rappresenta, pertanto, il substrato della decisione del giudice ordinario» (così Cass. pen., VI, 16 luglio 2021, n. 27704). Come ulteriormente precisato dalle Sezioni unite penali nella […] sentenza 19 novembre 2019, n. 46898, la connessione tra i due istituti si manifesta in relazione al «grado di assoggettamento dell’attività economica alle descritte condizioni di intimidazione mafiosa e la attitudine di esse alla agevolazione di persone pericolose pure indicate nelle fattispecie». Ciò nel senso che - a differenza di quanto avviene ai fini dell’informazione antimafia, ai sensi dell’art. 34-bisdel codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 - l’agevolazione mafiosa deve essere «occasionale», per cui in difetto di questo requisito l’impresa non dovrebbe essere ammessa al [continua ..]

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