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Il principio di tassatività delle clausole di esclusione riguarda il mancato rispetto di adempimenti relativi alla partecipazione alla gara che non abbiano base normativa espressa e non già l'accertata mancanza dei necessari requisiti dell'offerta che erano stati richiesti per la partecipazione alla gara

Marialaura Carrella.

La sentenza n. 7296 del 28 agosto 2024, emessa dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato, rappresenta senz’altro uno snodo fondamentale nel settore dei contratti pubblici, poiché chiarisce in modo emblematico alcuni aspetti nevralgici in tema di onere di immediata impugnazione, di tassatività delle clausole di esclusione, nonché di clausole escludenti previste dalla lex specialis di gara.

Le questioni ataviche efficacemente sceverate dalla decisione in commento concernono, più di precipuo, la natura e la rilevanza dei c.d. requisiti “de minimis”, nonché la valutazione di un’offerta tecnica che, presentata da un operatore economico nell’ambito di una procedura selettiva, si appalesi difforme rispetto alle specifiche tecniche previste dal disciplinare di gara. In tale contesto, viene esaminata anche la questione se, in simili casi, la stazione appaltante possa procedere direttamente all’esclusione dell’offerente, oppure se debba limitarsi ad attribuire una penalizzazione in termini di punteggio.

Al fine di meglio cogliere la portata della soluzione propinata dalla IV Sezione, occorre principiare dall’analisi della vicenda oggetto di giudizio: una Società, raggruppata in R.T.I., aveva partecipato a una procedura aperta indetta da un’Azienda regionale lombarda, ai sensi dell’art. 60 del D.lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici, ratione temporis applicabile),  per l’affidamento del servizio di ritiro, trasporto e smaltimento di rifiuti ospedalieri.

In questa occasione, la Stazione appaltante, ritenendo che l’offerta tecnica dell’appellante non rispettasse i requisiti minimi richiesti dalla lex specialis, procedeva, dunque, alla sua conseguente esclusione.

In risposta a tale provvedimento, la Società esclusa insorgeva, gravando lo stesso, dinanzi al T.A.R. territorialmente competente, poi estendendo l’impugnazione finanche al capitolato di gara e, con successivi motivi aggiunti, alla dichiarazione di gara deserta per assenza di offerte tecniche valide.

Tuttavia, dal proprio canto, il giudice di primo grado dichiarava inammissibili sia il ricorso principale, sia gli ulteriori motivi aggiunti.

Avverso la suddetta decisione interponeva appello l’odierna ricorrente dinnanzi al Supremo Consesso Amministrativo, sostenendo che le clausole che avevano condotto all’esclusione non fossero affatto idonee a individuare i requisiti minimi dell’offerta tecnica e che, a tutto voler concedere, fossero del tutto irragionevoli, sproporzionate, travalicanti l’oggetto della gara e, dunque, esorbitanti rispetto al potere discrezionale spettante all’Amministrazione nella redazione della lex specialis.

Sotto tale speculare profilo, la Società argomentava anche che, in ogni caso, i requisiti minimi non avrebbero potuto assurgere a motivi di esclusione. Inoltre, pur riconoscendo che le clausole nulle non si riverberano sul provvedimento amministrativo nel suo complesso (vitiatur sed non vitiat), adduceva che l’Amministrazione non avrebbe comunque potuto adottare ulteriori atti fondati su clausole contra legem, poiché questi sarebbero stati affetti da nullità derivata e quindi annullabili secondo le regole generali dell’ordinamento.

La IV Sezione del Consiglio di Stato per pronunciarsi compiutamente nel merito della questione ha analizzato, previamente, la lex specialis della procedura ad evidenza pubblica, rilevando, dall’inequivoco tenore letterale della stessa, che il capitolato tecnico qualificava espressamente alcune caratteristiche del prodotto come “caratteristiche minime”.

In punto di diritto, il Collegio ha poi pervicacemente osservato, in conformità alla consolidata giurisprudenza, che «l’esclusione dalla gara di un’impresa autrice di un’offerta giudicata inidonea dal punto di vista tecnico non si pone in contrasto con il principio di tassatività delle clausole di esclusione, atteso che quest’ultimo riguarda il mancato rispetto di adempimenti relativi alla partecipazione alla gara che non abbiano base normativa espressa, e non già l’accertata mancanza dei necessari requisiti dell’offerta che erano stati richiesti per la partecipazione alla gara».

Di talché, deve inferirsi come, a fronte di una lex specialis postulante specifici requisiti tecnici afferenti condizioni minime per l'ammissione, l’offerta tecnica che ne sia sprovvista, id est non soddisfacente quanto richiesto dall’Amministrazione, possa certamente comportare la legittima esclusione del concorrente offerente.

Il Consiglio di Stato ha precisato inoltre, adiuvando i pregressi e condivisibili orientamenti giurisprudenziali, che:

a) anche prima dell’introduzione nel sistema dei contratti pubblici del principio di tassatività delle cause di esclusione (previsto nell’art. 46 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, come modificato dall’art. 4, comma 2, lettera d), del d.l. n. 70 del 2011), l’Amministrazione ha sempre avuto ampia facoltà di determinare, nel rispetto della legge, il contenuto delle regole delle procedure selettive (c.d. lex specialis di gara), indipendentemente dall’oggetto della procedura;

b) dopo l’introduzione della regola della tassatività delle cause di esclusione nella disciplina degli appalti pubblici, è stato riconosciuto che sono legittime le clausole dei bandi che prevedono adempimenti la cui inosservanza comporta l’esclusione (cosiddetta tassatività attenuata), anche se di natura formale, purché rientrino tra i casi tassativi previsti dall’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006, dal codice dei contratti pubblici, dal regolamento di esecuzione e dalle leggi statali;

c) pertanto, la previsione di cui all’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 non vieta alla stazione appaltante di indicare nel bando le condizioni minime di partecipazione e i mezzi di prova necessari per verificare, sia formalmente che sostanzialmente, le capacità realizzative, le competenze tecnico-professionali e le risorse umane dell’impresa partecipante, ma disciplina l’esercizio di tale facoltà.

Va soggiunto che tali principi costituenti ius receptum hanno trovato conferma e rafforzamento nell’attuale art. 10, comma 3, del D.lgs. n. 36/2023  (Codice dei contratti pubblici).

Tale disposizione consolida e cristallizza ulteriormente il principio di tassatività delle clausole di esclusione, statuendo, parimenti, che: «Fermi i necessari requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all'oggetto del contratto, tenendo presente l'interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l'esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l'accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese” (comma 3)».

Tanto premesso, il decisum a cui è approdato il Consiglio di Stato può essere così compendiosamente reso: «Le caratteristiche indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene previste dalla lex specialis di gara costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva. Le difformità dell’offerta tecnica che rivelano l’inadeguatezza del progetto proposto dall’impresa offerente rispetto a essi, legittimano l’esclusione dalla gara e non già la mera penalizzazione dell’offerta nell’attribuzione del punteggio, in quanto determinano la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell’accordo negoziale».

In sintesi, i giudici di Palazzo Spada hanno pienamente condiviso il ragionamento logico-inferenziale seguito dal T.A.R. nell’impugnata sentenza, rimarcando che il provvedimento gravato risultava del tutto immune da vizi. Sicché, la parte ricorrente, tutt’al più, avrebbe dovuto considerare i requisiti minimi tecnici come immediatamente escludenti, siccome opportunamente suggerito dal giudice di prime cure.

Di conseguenza, in linea generale, se un operatore economico ritiene che alcune clausole del bando siano incomprensibili o sproporzionate, al punto da rendere la partecipazione alla gara difficoltosa o impossibile, è tenuto a impugnare direttamente la disciplina di gara stessa nel rispettivo termine di decadenza. Qualsiasi contestazione sollevata soltanto dopo l’esclusione risulterebbe invece inammissibile.

Questo perché, «diversamente opinando – come sottolineato dall’Amministrazione – l’invocata nullità delle clausole applicate in sede di gara si risolverebbe semplicemente nella volontà di offrire un bene difforme da quello richiesto dalla stazione appaltante» (§ 7.3. della sentenza).

Contestualmente, la sentenza de qua, ha nuovamente ribadito, nel solco dei principi affermati dal Consiglio di Stato (Adunanza Plenaria, 26 aprile 2018, n. 4), che rientra nell’onere di immediata impugnazione del bando di gara anche la presenza di clausole che impongano, per la partecipazione, oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati rispetto alla natura della procedura concorsuale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671); analogamente, occorre impugnare tempestivamente anche le «regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Adunanza plenaria n. 3 del 2001)», nonché «disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (cfr. Cons. Stato sez. V , 24 febbraio 2003, n. 980)» o, ancora, condizioni negoziali tali da rendere il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e oggettivamente non conveniente.

A fortiori, ciò emerge lapalissianamente dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, come richiamata in sentenza, «secondo cui, mediante il soccorso istruttorio, non è consentito all’amministrazione aggiudicatrice di ammettere qualsiasi rettifica a omissioni che, secondo le espresse disposizioni dei documenti dell’appalto, devono portare all’esclusione dell’offerente, non potendosi in questo modo né ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione fosse richiesta dai documenti dell’appalto, né giungere alla presentazione, da parte dell’offerente interessato, di quella che in realtà sarebbe una nuova offerta».

In definitiva, come constatato dal Consiglio di Stato, le clausole escludenti non devono essere considerate nulla, ma piuttosto annullabili. Di conseguenza, qualora un concorrente ritenga che i requisiti minimi previsti dalla disciplina di gara siano illogici o eccessivamente onerosi rispetto alle finalità della procedura, è tenuto a impugnarli sollecitamente nel termine di decadenza decorrente dalla pubblicazione del bando, proprio in virtù della loro potenziale natura escludente.

Argomento: Appalti pubblici
Sezione: Consiglio di Stato

(Cons. Stato, sez. IV, 28 agosto 2024, n. 7296)

Stralcio a cura di Rossella Bartiromo

“[I]l Collegio osserva che […] l’esclusione dalla gara di un’impresa autrice di un’offerta giudicata inidonea dal punto di vista tecnico non si pone in contrasto con il principio di tassatività delle clausole di esclusione, atteso che quest’ultimo riguarda il mancato rispetto di adempimenti relativi alla partecipazione alla gara che non abbiano base normativa espressa, e non già l’accertata mancanza dei necessari requisiti dell’offerta che erano stati richiesti per la partecipazione alla gara […] In materia la Sezione (sentenza 21 aprile 2022, n. 3024), ha rilevato che: a) già nella fase antecedente all’introduzione nell’ordinamento dei contratti pubblici del principio di tassatività delle cause di esclusione (nell’art. 46 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, quale risultante dalla novella introdotta dall’art. 4, co. 2, lett. d), d.l. n. 70 del 2011), non si è mai dubitato dell’ampia facoltà intestata all’Amministrazione di individuare, nel rispetto della legge, il contenuto della disciplina delle procedure selettive (c.d. lex specialisdella gara), quale ne fosse l’oggetto: reclutamenti di personale, contratti attivi e passivi, affidamento di beni e risorse pubbliche (così, Cons. Stato, Ad. plen. 25 febbraio 2014 n. 9, § 6.1); b) successivamente all’introduzione della regola della tassatività delle cause di esclusione nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici, si è statuito che fossero legittime le clausole dei bandi di gara che prevedono adempimenti a pena di esclusione (in senso sostanziale, perché posti a tutela di interessi imperativi, c.d. tassatività attenuata), anche di carattere formale, purché conformi ai tassativi casi contemplati dall’art. 46, comma 1 bisdel d.lgs. n. 163 del 2006, nonché dalle altre disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento di esecuzione e delle leggi statali (Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014 n. 9, § 6.4; successivamente 16 ottobre 2020, n. 22); c) conseguentemente, la norma contenuta nell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 non ha posto un divieto per la stazione appaltante di indicare nel bando le condizioni minime di partecipazione e i mezzi di prova, al fine di consentire la verifica, in via formale e sostanziale, delle capacità realizzative [continua ..]

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