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La normativa comunitaria, con riferimento ai servizi pubblici locali, non dà alcuna indicazione in ordine alla prevalenza della modalità dell'affidamento diretto sulla procedura ad evidenza pubblica, ma consiglia la non obbligatorietà della gara d'appalto quando il contratto abbia per oggetto somme di modesta entità
Rosa D'Errico.
La sentenza in commento concerne la materia dei servizi pubblici locali e della presunta prevalenza dell’affidamento diretto sulla procedura ad evidenza pubblica in ipotesi di contratti aventi ad oggetto somme o distanze di modesta entità.
La vicenda trae origine dal ricorso presentato al Tar da una società, la quale ha gestito per diversi anni, tramite affidamento diretto, i servizi di trasporto pubblico locale di competenza della Città metropolitana. Tali servizi sono stati gestiti dalla suddetta società dal 2001 al 2022, con contratti che le venivano prorogati di volta in volta, in conformità alla normativa nazionale ed europea.
La situazione muta quando la Città metropolitana decide di affidare il servizio in parola tramite procedura ad evidenza pubblica e non più con affidamento diretto.
Viene pubblicata, pertanto, una nota in GUCE con cui si rettifica il precedente avviso di preinformazione, al fine di rendere nota la diversa modalità di affidamento del servizio: detta nota viene impugnata innanzi al Tar dalla storica affidataria.
Il giudice di prime cure respinge il ricorso ritenendo infondati i motivi dedotti ed evidenziando la natura discrezionale della scelta della Pubblica amministrazione.
L’operatore economico soccombente in primo grado propone pertanto appello al Consiglio di Stato.
Quanto ai motivi di ricorso, parte ricorrente contesta innanzitutto la decisione della stazione appaltante di voler procedere all’aggiudicazione mediante gara pubblica, ritenendo erroneo l’assunto secondo cui tale modalità sarebbe l’unica modalità possibile.
Secondo le argomentazioni presentate dalla ricorrente, invece, l’affidamento diretto è addirittura da preferirsi per gli affidamenti sotto soglia ai sensi del Regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007: la società, in particolare, precisa che il Considerando n. 23 del richiamato Regolamento prevede a tal proposito che «è opportuno che la gara d’appalto per l’aggiudicazione di contratti di servizio pubblico non sia obbligatoria quando il contratto abbia per oggetto somme o distanze di modesta entità».
Inoltre la ricorrente lamenta la mancanza di motivazione sulla scelta discrezionale di procedere con gara, nonché la mancanza di valutazione e di un reale confronto con le alternative possibili.
Secondo il Tar, dalla Relazione, ex art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 201 del 2022, si evince chiaramente la volontà della stazione appaltante di esplorare il mercato attraverso il ricorso alla procedura ad evidenza pubblica, nonché favorire la partecipazione di altri operatori economici interessati.
Secondo il primo giudice, infatti, «l’Amministrazione avrebbe avuto il potere di procedere anche mediante affidamento diretto, ma aveva ritenuto di affidare il servizio con gara. Tale scelta – ed è ciò che rileva – non presenta profili irragionevolezza».
Con il secondo motivo d’appello, l’appellante evidenzia che dalla predetta Relazione – che il Dirigente sottopone al vaglio dell’Assemblea dell’Ente di Governo – si dà rilievo preminente agli stessi elementi che potevano essere garantiti anche tramite affidamento diretto e che erano stati sempre garantiti nel corso degli anni dalla società soccombente.
La società contesta l’erroneità della sentenza del Tar dal momento che la consultazione del mercato avviene con l’avviso di preinformazione con cui gli operatori economici interessati possono manifestare il proprio interesse al servizio. L’indizione della gara, di contro, non serve a consultare il mercato, ma a gestire un mercato esistente.
Aggiunge ancora che nessun operatore aveva manifestato interesse a gestire il servizio.
Con il terzo motivo d’appello si contesta, invece, che nella Relazione ex art.14, comma 3, del d.lgs. n. 201 del 2022 emerge che l’unica soluzione di affidamento che viene proposta all’Assemblea è la procedura ad evidenza pubblica, senza alcuna comparazione con le altre tipologie di aggiudicazione.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto che «la Relazione darebbe atto che l’affidamento mediante gara costituiva l’esito di una scelta discrezionale e non rappresentava l’adempimento di un obbligo normativo e per questo l’Assemblea dell’Ente di Governo era stata quindi posta nelle condizioni di valutare altre soluzioni».
Con il quarto ed ultimo motivo d’appello si evidenzia che la scelta di procedere con gara sia affetta dal vizio di contraddittorietà, in quanto per un altro servizio si è continuato a procedere con affidamento diretto.
La sentenza in esame dopo un breve excursus sulla legislazione nazionale ed europea inerente ai servizi pubblici locali, esamina dunque i motivi d’appello proposti.
Innanzitutto i Giudici di Palazzo Spada rilevano che la prima censura presentata dall’operatore economico è infondata, in quanto nel quadro normativo sia nazionale che europeo non vi è nessuna norma che postula la prevalenza dell’affidamento diretto rispetto alle altre modalità di affidamento dei servizi pubblici locali.
Infatti, il Considerando n. 23 del Regolamento «[…] nel consigliare (è opportuno) la non obbligatorietà della gara, non dà alcuna indicazione in ordine alla prevalenza della modalità dell’affidamento diretto sulle altre forme di affidamento ed in particolare sulla procedura ad evidenza pubblica. Peraltro, l’indicazione del considerando n. 23 non è vincolante per il legislatore nazionale, che ben può per contro imporre l’obbligatorietà della gara, senza con ciò violare il diritto eurounitario».
Si evidenzia altresì, come già espresso dal Tar, che «l’obiettivo di favorire le piccole e medie imprese può essere assicurato anche in gara nelle forme consentite dall’ordinamento e nel rispetto dei generali principi di buon andamento e parità di trattamento».
Ancora, si rileva che, per quanto concerne la Relazione sopraindicata, non era stata imposta all’Assemblea dell’Ente di governo la gara pubblica come unica alternativa possibile, ma era solo stata manifestata la sua preferibilità per l’affidamento de quo, evidenziando le motivazioni sia di carattere normativo, sia economico-finanziario, dando peraltro conto anche delle diverse alternative possibili di affidamento del servizio.
Il Consiglio di Stato evidenzia, inoltre, che l’appellante srl non ha fornito ulteriori informazioni rispetto agli esiti della rendicontazione annuale; ha anzi dichiarato di non voler mettere a disposizione beni e personale per l’esercizio del servizio. Tale comportamento è senz’altro dimostrativo della mancata apertura al confronto concorrenziale.
Nella sentenza in commento viene poi richiamata la pronuncia della Corte Costituzionale n. 2 del 13 gennaio 2014, secondo la quale «è solo con l'affidamento dei servizi pubblici locali mediante procedure concorsuali che si viene ad operare una effettiva apertura di tale settore e a garantire il superamento di assetti monopolistici. In particolare, si è più volte sottolineato al riguardo che “la disciplina delle procedure di gara, la regolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione mirano a garantire che le medesime si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali e dei principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della libertà di stabilimento, nonché dei principi costituzionali di trasparenza e parità di trattamento. La gara pubblica, dunque, costituisce uno strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza (sentenze n. 401 del 2007 e n. 1 del 2008)” (sentenza n. 339 del 2011)».
Ancora, i giudici di secondo grado rilevano che l’avviso di preinformazione non va confuso con l’avviso di indizione della gara: difatti, il primo non serve ad indagare il mercato, ma solo a rendere gli operatori economici «edotti delle caratteristiche dell’affidamento per tempo utile». In risposta alla quarta censura, infine, il Consiglio di Stato, uniformandosi anche al decisum del Tar, evidenzia che ogni affidamento ha una sua propria specificità, non potendo pertanto esser comparato con un altro affidamento, se non provando l’identità assoluta della situazione considerata.
In definitiva il Consiglio di Stato respinge l’appello proposto, stante l’infondatezza di tutti i motivi dedotti, confermando la motivazione resa dai giudici di prime cure.
Sezione: Consiglio di Stato
(Cons. Stato, sez. V, 4 dicembre 2024, n. 9713) Stralcio a cura di Rossella Bartiromo
Keywords: servizi pubblici locali