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Ai fini dell'applicazione della misura di prevenzione c.d. daspo non è necessaria la lesione dell'ordine pubblico o della sicurezza, potendo l'amministrazione fondare la propria decisione, in via preventiva, anche sul mero pericolo potenziale che una condotta di tal fatta potrebbe causare in occasione di manifestazioni sportive
Maria Strino.
La sentenza in commento offre spunti di riflessione in merito al perimetro applicativo del divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive (articolo 6, comma 1, lettera a), della legge n. 401/1989), definito dalla Corte Costituzionale nel 2024 come il <<progenitore di tutte le attuali misure di prevenzione “atipiche”>>. Tale misura è nota ai più come D.A.Spo. – secondo l’acronimo frequentemente utilizzato anche in ambito giornalistico – e consiste essenzialmente nell’esercizio, da parte dell’autorità questorile, di un potere d’interdizione rispetto alla possibilità di recarsi presso determinati spazi.
L’episodio da cui trae origine la vicenda sottoposta all’esame del Consiglio di Stato riguarda, infatti, l’ambito del tifo calcistico che, esternandosi spesso in manifestazioni di accesa rivalità tra le tifoserie avversarie, si presta ad innescare scontri violenti, suscettibili di minare l’ordine e la sicurezza pubblica, avuto particolare riguardo ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive.
Nel caso in questione, il divieto imposto dal Questore di Firenze, ai sensi del sopramenzionato articolo 6 della legge n. 401/1989, è ricollegabile al comportamento posto in essere da un tifoso della Fiorentina che, durante la partita di serie A disputata da tale squadra con la Juventus in data 3 settembre 2022, ha indossato una maglia del Liverpool e ne ha agitato una sciarpa, <<a poca distanza dal settore occupato dai tifosi juventini>>. Tale condotta è stata ritenuta marcatamente provocatoria, essendo chiaramente riconducibile ai tragici avvenimenti che, nel 1985, connotarono la finale di Coppa dei Campioni tra Liverpool e Juventus, in occasione della quale 39 tifosi juventini persero la vita (c.d. strage dell’Heysel).
Il provvedimento del Questore di Firenze è stato impugnato dinanzi al Tar per la Toscana, che ha respinto il ricorso, in considerazione dell’idoneità di siffatta condotta a provocare la tifoseria avversaria, con possibili ricadute negative sulla gestione dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Con appello, il ricorrente ha fatto valere due motivi di impugnazione, deducendo il vizio di violazione di legge in riferimento all’articolo 6, comma 1, lettera a), della legge n. 401/1989. Nello specifico, l’appellante ha contestato, innanzitutto, la qualificazione del proprio comportamento in termini di pericolo potenziale per l’ordine e la sicurezza pubblica. A sostegno di tale posizione, è stato evidenziato il carattere neutrale della condotta in esame che, per le modalità di realizzazione, non ha avuto alcun riverbero sulla tenuta dell’ordine pubblico durante la descritta manifestazione sportiva. Secondariamente, è stata rilevata l’impossibilità di sussumere il comportamento in questione nell’alveo delle fattispecie enucleate dalla lettera a) dell’invocata previsione normativa. Mancherebbe, invero, il presupposto della denuncia all’Autorità Giudiziaria e non sussisterebbero veri e propri <<comportamenti di incitamento, inneggiamento o induzione alla violenza>>.
Alla luce di quanto appena sintetizzato, la terza sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata con la sentenza in commento, respingendo l’appello. Tale esito è stato raggiunto attraverso una puntuale analisi ricostruttiva della norma contenuta nel più volte citato articolo 6, comma 1, lettera a), della legge n. 401/1989.
A partire dalla formulazione del testo normativo, i giudici di Palazzo Spada hanno delineato i contorni del c.d. D.A.Spo., suscettibile di essere disposto dal Questore a carico dei soggetti che siano stati denunciati per aver partecipato attivamente ad episodi violenti su persone o cose “in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza”.
Richiamando un proprio precedente (Consiglio di Stato, sez. III, n. 8381/2022), l’organo giudicante ha ribadito la connotazione ampiamente discrezionale del provvedimento interdittivo in parola, mettendo in evidenza come spetti all’autorità questorile valutare in concreto la pericolosità della condotta posta in essere. Siffatta valutazione, del resto, non può prescindere dalla necessità di contemperare l’interesse pubblico alla tutela dell’ordine e della sicurezza con quello <<privato ad accedere liberamente negli stadi>>.
L’orientamento interpretativo affermatosi in materia inserisce il divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive nell’ambito del cosiddetto diritto amministrativo della prevenzione, in considerazione del chiaro intento legislativo <<di anticipare la soglia della prevenzione alle situazioni di pericolo concreto>>.
La finalità spiccatamente preventiva del D.A.Spo. non esime, peraltro, da un’attenta indagine causale. Quest’ultima, vale la pena di precisarlo, deve essere condotta alla stregua di un parametro probabilistico, analogamente a quanto avviene per le misure di prevenzione antimafia. In base al principio del “più probabile che non”, in altre parole, non è necessario addivenire alla certezza, oltre ogni ragionevole dubbio, della lesione del bene giuridico rappresentato dall’ordine pubblico e dalla sicurezza, essendo sufficiente <<una dimostrazione fondata su “elementi di fatto” gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità (Consiglio di Stato, sez. III, n. 866/2019)>>.
L’anticipazione della soglia di tutela che connota lo strumento del D.A.Spo. legittima, pertanto, una valutazione dell’autorità amministrativa basata su comportamenti idonei a produrre o agevolare situazioni di pericolo o di allarme.
Sulla scorta di una simile ricostruzione, il Collegio giudicante ha ritenuto, nel caso di specie, di poter inquadrare la condotta dell’appellante nell’ambito della fattispecie descritta dalla lettera a) dell’articolo 6, comma 1, della legge n. 401/1989.
A tal fine, è stata rimarcata la natura provocatoria del gesto commesso attraverso l’ostentata esibizione dei simboli riconducibili alla squadra del Liverpool, tesa a rievocare l’epilogo mortale di uno scontro con la tifoseria della Juventus.
La concretezza del pericolo ricollegabile a tale provocazione è stata rinvenuta, altresì, nella circostanza che la condotta si è verificata in un settore dello stadio attiguo a quello della tifoseria juventina, <<tanto che la situazione ha indotto un addetto alla sicurezza dello stadio ad intervenire, invitando l’appellante ad astenersi da comportamenti di scherno e dileggio palesi>>.
Ai fini della decisione in commento, dunque, il fatto che siffatto comportamento provocatorio non sia sfociato in episodi violenti non ha assunto alcun rilievo, proprio in considerazione della finalità anticipatoria connessa al divieto questorile. Secondo il Consiglio di Stato, invero, <<comportamenti come quello tenuto dall’appellante, soprattutto laddove si collochino nel contesto di gare sportive caratterizzate da un’accesissima rivalità intercorrente fra le due tifoserie>> risultano <<certamente idonei a cagionare disordini e potenziali conflitti>>.
Avuto riguardo, poi, al secondo motivo di impugnazione, anch’esso è stato ritenuto infondato.
Difatti, l’assenza di una denuncia a carico dell’appellante non è stata considerata dirimente ai fini della decisione, dal momento che per i comportamenti descritti nel secondo periodo della lettera a) del citato articolo 6, comma 1, non è richiesta la sussistenza di siffatto presupposto.
In merito alla corretta perimetrazione della nozione di incitamento alla violenza, infine, il Collegio giudicante si è soffermato sui tratti caratteristici dell’intera vicenda, ribadendo il rischio insito nella condotta realizzata dall’appellante che, <<pur non esprimendo un esplicito incitamento alla violenza, era potenzialmente idonea a suscitare – nel contesto in cui è stata tenuta (durante la gara contro la Juventus, nei pressi del settore destinato ad ospitare i tifosi juventini) – intensi fervori in grado di degenerare in scontri o in situazioni pericolose per l'ordine pubblico>>.
Sezione: Consiglio di Stato
(Cons. Stato, sez. III, 8 maggio 2024, n. 4141) Stralcio a cura di Rossella Bartiromo
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