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La responsabilità del committente in caso di morte o infortunio sul luogo di lavoro presuppone la verifica dell´incidenza causale sull´evento della scelta della ditta per l´esecuzione dei lavori, non essendo sufficiente a scagionare il committente che costui abbia controllato l´iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese 
Maria Eugenia Rocchi
La sentenza in analisi affronta le complesse intersezioni tra diritto penale del lavoro, diritto civile e normativa antinfortunistica.Nel caso di specie la Corte d’Appello di Lecce aveva parzialmente riformato la pronuncia del Tribunale di Brindisi relativa al decesso di un lavoratore, titolare della ditta sub-appaltatrice, colpito da un carico precipitato da una gru a torre in fase di sollevamento a causa del cedimento della fune.
La vicenda si è rivelata particolarmente complessa, coinvolgendo una molteplicità di soggetti nel cantiere aventi ruoli e obblighi diversi. In primo grado, il Tribunale di Brindisi aveva riconosciuto la responsabilità penale dell'impresa e del dipendente che manovrava la gru, assolvendo il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione. La Corte d’appello riconosceva la responsabilità del CSE per le sue omissioni in relazione al Piano Sicurezza e Coordinamento (nel quale vengono individuati l’opera da realizzare, il cantiere, la zona, i soggetti a cui sono attribuiti i compiti di sicurezza e le misure preventive e protettive) quanto alla verifica dei Piani Operativi di Sicurezza (cd. POS, nel quale vengono identificate le imprese, i responsabili della sicurezza, viene descritta l’attività del cantiere e le sostanze pericolose che si andranno ad utilizzare), rigettando gli appelli del gruista e della ditta appaltatrice relativamente all’esclusione della responsabilità dell’amministratore di una ditta artigiana e degli enti in cui gli imputati erano inseriti. Il caso in esame ha offerto un’occasione per riflettere sul tema delle responsabilità prevenzionistiche, evidenziando come l’omissione anche parziale dell'attività di una di queste possa contribuire a determinare l’evento lesivo.
Nel caso specifico il manovratore della gru era accusato di violazione dell’art. 20 co. 2 lett. G, d.lgs. 81/08 per mancanza di competenze necessarie per manovrare il mezzo e per omessa verifica della presenza di altri lavoratori nell’area di manovra, compromettendo la sicurezza dei presenti. Le violazioni  del CSE riguardavano il mancato adempimento degli obblighi richiesti dal d.lgs. 81/08 in particolare la violazione dell’art. 96 co. 1 lett. G, poichè il PSC era privo di alcuni contenuti essenziali, tra i quali l’individuazione delle aree di carico e scarico. Erano contestate al committente le condotte di omissione di vigilanza delle opere del CSE poiché non aveva verificato i suoi requisiti tecnico- professionali, e la corretta e completa redazione del PSC, che ometteva indicazioni operative specifiche. In questo quadro operativo rileva una combinazione di negligenze tra le varie figure di cantiere che avrebbero dovuto verificare il regolare e corretto svolgimento delle attività. Il ricorso proposto in Cassazione dalla difesa del gruista, si incentrava, sull'assenza di una prova sufficiente del nesso di causalità tra la sua condotta e l’evento lesivo sostenendo che l’infortunio si sarebbe comunque verificato, indipendentemente dall’abilitazione e dalla formazione del singolo e che l’evento doveva essere ricondotto ad un difetto strutturale di una fune, circostanza che risultava incerta anche alla luce delle perizie già svolte. Si contestava il posizionamento della vittima, sotto il carico sospeso, condotta imprevedibile ed autonoma atta ad interrompere il rapporto di causalità per la ricorrenza di una causa sopravvenuta. Infine si contestava l’attribuzione di una cooperazione colposa tra il manovratore e il datore di lavoro, mancando per il primo la coscienza e volontà di concorrere in un’organizzazione insicura del lavoro. La  difesa del CSE si fondava su plurimi profili: in primo luogo denunciava la violazione dell’art. 546, lett. e), n. 1 c.p.p., lamentando che la Corte d’appello aveva riformato la sentenza assolutoria di primo grado senza fornire una motivazione rafforzata. Il giudizio di responsabilità civile, per la difesa, si fondava su argomentazioni generiche e astratte, prive di un concreto riscontro probatorio, ignorando elementi rilevanti, come il fatto che il CSE non fosse a conoscenza dell’attività lavorativa in corso nel giorno dell’infortunio e che, secondo il direttore dei lavori, aveva vietato l’inizio delle operazioni senza la previa consegna del POS, derivando da ciò un vizio motivazionale. Veniva contestato che la Corte d’Appello avesse erroneamente applicato l’art. 578 c.p.p., in quanto, trattandosi di una impugnazione proposta contro una sentenza di assoluzione, il giudice d’appello avrebbe dovuto tener conto delle valutazioni del giudice di primo grado anche sotto il profilo penale. La sua condanna - civile - si basava, invece, su un semplice criterio di "probabilità prevalente", senza spiegare in modo approfondito i motivi per cui riteneva sussistente la colpa e il nesso causale. Con il terzo motivo, denunciava la violazione degli artt. 40 e 41 c.p., in relazione all’art. 2043 c.c., per l’errato accertamento del nesso causale e della colpa. La responsabilità civile veniva analizzata secondo il criterio del "più probabile che non", senza un’adeguata analisi controfattuale. Secondo la difesa i giudici non avrebbero chiarito quale fosse il contributo causale specifico del coordinatore, né motivato sull'imputazione oggettiva, a fronte di molteplici cause alternative dell’incidente – tra cui il difetto di manutenzione della gru - mancando un accertamento puntuale delle inosservanze contestate e del loro reale ruolo nella dinamica dell’infortunio. In fine, le parti civili denunciavano la violazione degli artt. 40 e 41 c.p. e delle norme del D.Lgs. 81/2008 (artt. 90, 93 e 26 - funzioni del CSE; sanzioni amministrative e penali per il mancato rispetto degli obblighi; obblighi del committente e del responsabile dei lavori), lamentando che la Corte d’appello avesse escluso la responsabilità civile del committente, titolare dell’impresa, nonostante le gravi carenze organizzative e di sicurezza riscontrate nel cantiere. La motivazione della sentenza risultava apparente e contraddittoria: veniva riconosciuta la responsabilità del CSE per difetti di coordinamento tra le imprese, dall’altro si escludeva ogni responsabilità del committente, che aveva nominato senza verificare adeguatamente la sua idoneità tecnica e organizzativa, contestando che l’obbligo di verifica del committente sia stato ridotto a un mero controllo formale. La Cassazione, sez. IV, stando quanto premesso, ha stabilito che il ricorso del manovratore della gru era giudicato infondato e quindi respinto. La Corte ha confermato che il gruista avesse gravi carenze nella formazione e nell’addestramento che ha agito con colpa specifica, non verificando che nell’area di lavoro non ci fossero altri operai sotto il raggio d’azione della gru durante il sollevamento del materiale, ribadendo che spetta al gruista assicurarsi della sicurezza dell’operazione, rifiutandosi di procedere se non ritiene sicure le condizioni. È stata accertata  la sua responsabilità nella dinamica dell'infortunio, in quanto, avrebbe dovuto accertarsi che la persona offesa, dopo aver agganciato il carico alla fune, si fosse allontanata dal raggio d’azione della gru. L’omissione, secondo la Corte, avrebbe contribuito in modo causale all’evento dannoso. La corte ha stabilito inoltre che nonostante la presenza di altri fattori causali, il dipendente abbia violato precise norme di sicurezza previste dall’art. 20, lett. g), D.Lgs. 81/2008. In particolare, avrebbe dovuto evitare manovre pericolose e segnalare l’incapacità di svolgere il compito al datore di lavoro. è stata riconosciuta una cooperazione colposa anche da parte della persona offesa, che, pur non avendo un ruolo di garanzia, ha aggravato la situazione di rischio svolgendo attività per la quale non era formato, contribuendo così al verificarsi dell'infortunio, stando che si ritiene  che la cooperazione colposa non richieda la consapevolezza della colpa altrui, ma solo la consapevolezza della propria partecipazione all’attività rischiosa. Pertanto, i motivi di ricorso sono stati giudicati infondati, e il ricorso è stato respinto in toto. La Cassazione ha evidenziato come la Corte d’appello abbia applicato in modo improprio il criterio della “più elevata probabilità logica” per affermare la responsabilità civile del CSE, senza rispettare i principi giurisprudenziali in materia di riforma delle sentenze assolutorie, traslando, in maniera non corretta, i criteri elaborati dalla Corte Costituzionale per i casi di estinzione del reato (come la prescrizione) anche alla ipotesi dell’impugnazione proposta ai soli fini civili ex art. 576 c.p.p., senza considerare che, in assenza di nuovi elementi probatori, era necessario motivare con maggiore forza e chiarezza le ragioni del ribaltamento della decisione. Infine accoglieva anche il ricorso delle parti civili. Le sentenze di merito presentavano una motivazione carente e apodittica, tale da configurare un vizio di motivazione apparente. I giudici di primo e secondo grado si erano limitati ad escludere ogni profilo di colpa in capo al committente, senza valutare in concreto se egli avesse effettivamente assolto agli obblighi previsti dal D.Lgs. 81/2008, tra cui quello di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa appaltatrice, l’effettiva disponibilità dei dispositivi di sicurezza, e l’assenza di situazioni di pericolo facilmente percepibili, ricordando che il committente è titolare di una posizione di garanzia autonoma, e che non è sufficiente effettuare un controllo formale, ma occorre una verifica sostanziale delle capacità organizzative e tecniche dell’impresa. La sentenza ha affrontato con rigore il tema della sicurezza nei cantieri, riaffermando la centralità delle responsabilità individuali e collettive, ha richiamato l’importanza della formazione, della vigilanza e del rispetto degli obblighi normativi da parte di tutte le figure coinvolte, sottolineando come ogni omissione possa contribuire al verificarsi di eventi lesivi gravi.
Sezione:
(Cass. Pen., Sez. IV, 29 novembre 2024, n. 43717)
Stralcio a cura di Francesco Martin

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