home / Archivio / 231 e Compliance raccolta del 2025 / Nonostante la delega di funzioni o gestoria, tutto il CdA risponde dell´infortunio avvenuto ..
Nonostante la delega di funzioni o gestoria, tutto il CdA risponde dell´infortunio avvenuto sul luogo di lavoro se sussistono gravi vizi organizzativi frutto di una politica aziendale volta alla massimizzazione del profitto con sacrificio delle esigenze di sicurezza
Stefania Barone
La sentenza in commento si inserisce nel solco di un consolidato filone ermeneutico di legittimità in tema di accertamento delle responsabilità penali all’interno di strutture organizzative complesse.
Il provvedimento riafferma principi di rilevante portata tecnica e applicativa: la responsabilità penale per violazioni prevenzionistiche non grava esclusivamente sul datore di lavoro o sul consigliere delegato, ma può investire pienamente tutti i componenti dell’organo amministrativo societario, allorché l’evento lesivo sia riconducibile a scelte organizzative strutturali o prassi illecite tollerate nel tempo.
La vicenda trae origine da un grave infortunio mortale occorso in un cantiere, a seguito del ribaltamento di una lastra prefabbricata difettosa installata in violazione delle norme tecniche e prevenzionistiche.
La Corte territoriale ha confermato la sentenza di condanna per omicidio colposo a carico di tre componenti del CdA della società costruttrice e posatrice, ritenuti responsabili dell’evento in quanto espressione di gravi carenze organizzative nelle fasi di produzione e installazione dei manufatti.
I tre imputati (presidente e consiglieri del CdA della società costruttrice) proponevano ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione del principio di personalità della responsabilità penale, lamentando che la decisione di merito fosse fondata su una mera “responsabilità da posizione”, senza adeguata considerazione delle deleghe operative conferite ad altri soggetti né dell’articolata struttura societaria.
Le tesi difensive invocavano l’estraneità dei membri del CdA rispetto alla concreta esecuzione dei lavori; il carattere abnorme della condotta di un dipendente che aveva modificato la lastra difettosa; e la mancata interruzione del nesso causale per effetto della presenza di altre figure garanti.
Gli Ermellini rigettavano i ricorsi, ribadendo il principio secondo cui anche in presenza di deleghe gestorie, ex art. 2381 c.c., o deleghe di funzioni, ex art. 16 D.Lgs. 81/2008, la responsabilità penale permane in capo ai vertici societari se l’evento è manifestazione di una carenza strutturale organizzativa aziendale, ossia di una politica interna non conforme ai doveri prevenzionistici.
Parimenti infondato, poi, è stato ritenuto il tentativo di invocare il comportamento abnorme del lavoratore come causa interruttiva del nesso causale, poiché tale condotta è stata valutata come prevedibile conseguenza di una prassi aziendale distorta che anteponeva la rapidità di esecuzione alla sicurezza.
Entrando nel merito della questione giuridica sottoposta alla Suprema Corte, si chiedeva ai giudici di legittimità se e in che misura le deleghe gestorie o di funzione possano escludere o attenuare la responsabilità dei membri dell’organo amministrativo, allorché l’evento lesivo sia riconducibile a una scelta strutturale organizzativa dell’ente.
A ben vedere, nel contesto dell’organizzazione imprenditoriale contemporanea, connotata da strutture articolate, l’attività d’impresa non si configura più come espressione di una volontà individuale, ma diviene il risultato di un sistema integrato di funzioni e responsabilità.
Appare quindi, imprescindibile, individuare chi è il “datore di lavoro”.
Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 81 del 2008 il datore di lavoro è il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o comunque il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.
Il richiamo alternativo all’esercizio effettivo dei poteri decisionali apre alla possibilità dell’esistenza di una pluralità di “datori di lavoro”, ai fini dell’accertamento delle responsabilità penali, in funzione della struttura organizzativa e dell’effettiva ripartizione dei ruoli e delle competenze.
In questo contesto, anche in presenza di un formale sistema di deleghe, il giudice penale è chiamato a verificare la sostanziale efficacia della delega e la reale attribuzione di poteri e risorse.
Invero, per lungo tempo la giurisprudenza ha mostrato un orientamento non del tutto lineare circa la possibilità di trasferire il ruolo datoriale, in via originaria, dal consiglio di amministrazione a un singolo amministratore delegato.
Sul tema sono intervenute le Sezioni Unite, con la sentenza Espenhahn (S. U., n. 38343 del 24/04/2014), chiarendo come, nelle strutture societarie complesse, la qualifica di datore di lavoro non può essere attribuita in via automatica, sulla base di criteri astratti o formalistici, viceversa è necessario tener conto della concreta organizzazione dell’ente e dell’effettiva titolarità dei poteri decisionali, gestionali e di spesa che qualificano la posizione datoriale.
Nel solco di detta pronuncia, con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha fissato alcuni principi utili a chiarire i rapporti tra assetti interni, modelli di governance e titolarità della qualifica datoriale.
Il punto di partenza del ragionamento è costituito dal principio per cui la qualifica di datore di lavoro va riconosciuta, in via generale, all’intero consiglio di amministrazione nella sua dimensione collegiale, salvo poi verificare l’effettiva distribuzione di poteri e competenze all’interno del consiglio stesso.
Lo snodo rilevante diventa, allora, l’articolazione tra deleghe gestorie conferite ai sensi dell’art. 2381, comma 2, c.c., e deleghe di funzioni in materia di sicurezza, disciplinata dall’art. 16 D.lgs. 81/2001.
La delega gestoria consente al consiglio di amministrazione di trasferire parte dei propri poteri decisori e gestionali a uno o più amministratori delegati, attribuendo così una posizione di garanzia a titolo originario.
Diversa è la natura della delega di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro. Con essa il datore di lavoro – fermo restando l’obbligo di mantenere in capo a sé attribuzioni non delegabili, quali la valutazione dei rischi, la redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e la nomina del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) – trasferisce ad altro soggetto determinati compiti, poteri e responsabilità, rendendolo così titolare di una posizione di garanzia derivata, purché la delega rispetti taluni requisiti formali (segnatamente: atto scritto con data certa; sia accetta per iscritto da soggetto in possesso di adeguati requisiti di professionalità ed esperienza; attribuisca autonomia di spesa; sia assicurata pubblicità adeguata e tempestiva).
In ogni caso, si richiede al delegante di adempiere ad un obbligo di vigilanza sul corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite.
Tale obbligo si considera assolto quando il datore abbia adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione e controllo idoneo, ai sensi dell’art. 30, comma 4, del medesimo decreto.
Sul piano della responsabilità penale ciò implica che il delegante potrà essere chiamato a rispondere degli eventi lesivi solo in presenza di culpa in eligendo o in vigilando, avente rilievo eziologico rispetto all’evento dannoso.
A tal riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che l’obbligo di vigilanza non si estende al merito delle singole scelte tecniche o gestionali compiute dal delegato, ma riguarda il complessivo adempimento del dovere di protezione e controllo affidato (cfr. già citata S. U., n. 38343 del 24/04/2014).
Tutti gli amministratori, d’altra parte, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose (art. 2932, comma 2, c.c.).
In tale prospettiva, l’adozione e l’efficace attuazione di idonei modelli di organizzazione e controllo, ex art. 30, co. 4, del d.lgs. n. 81/2008, integrato in un sistema coerente di assetti organizzativi interni e di governance, può rappresentare uno strumento decisivo per dimostrare l’adempimento agli obblighi di prevenzione e vigilanza, escludendo o attenuando la responsabilità dell’organo amministrativo.
Orbene, alla luce delle considerazioni fin qui svolte, rispetto alla questione cardine sollevata dai ricorrenti, deve essere ribadito il principio in forza del quale la mera esistenza di un sistema di deleghe non può esser sufficiente a mandare esenti da responsabilità penale i membri del consiglio di amministrazione nel caso in cui si accertino gravi carenze organizzative e procedurali, tali da vanificare, di fatto, l'efficacia delle deleghe stesse.
Nel caso di specie il vizio organizzativo, per la sua diffusione e incidenza, è stato ritenuto espressione di una “chiara politica aziendale”, sostanzialmente “procedimentalizzata” ed imposta ai lavoratori, finalizzata a privilegiare il rispetto dei tempi di consegna a scapito della qualità del prodotto finito e, dunque, della sicurezza, da cui è derivata l’inevitabile affermazione di responsabilità penale in capo ai vertici societari per omessa organizzazione e prevenzione.
In definitiva, il principio che si ricava dalla sentenza in commento può essere così sintetizzato: la distinzione tra delega di gestione ex art. 2381 c.c. e delega di funzioni ex art. 16 D.lgs. n. 81/2008 incide sul contenuto, sulla struttura e sulla natura del rapporto tra delegante e delegato, ma non modifica il presupposto fondamentale della responsabilità penale in materia prevenzionistica, che resta ancorato alla concreta capacità dell’impresa di tradurre in prassi operative un sistema effettivo di prevenzione.
Sezione:
(Cass. Pen., Sez. IV, 6 novembre 2024, n. 40682)
Stralcio a cura di Andrea Castaldo
Keywords: responsabilità CdA - infortunio sul lavoro - Corte di cassazione - 2024 - delega gestoria - delega di funzioni