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Nel caso di responsabilità dell´ente da reato di evento di natura colposa, la "colpa di organizzazione" deve intendersi in senso normativo ed è fondata sul rimprovero derivante dall'inottemperanza da parte dell'ente dell'obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo

Gemma Ciaglia

La sentenza che si annota prende posizione su argomenti centrali della disciplina della responsabilità dell’ente da reato, fornendo una chiave di lettura sostanzialistica in ordine a delega di funzione e colpa di organizzazione.

La vicenda giudiziaria sottesa alla pronuncia attiene alla morte, in seguito a sequestro di persona, di due tecnici italiani dipendenti di una società per azioni deputati ad eseguire prestazioni specialistiche presso un impianto sito in territorio libico. Giunti insieme ad altri due colleghi in Tunisia, anziché essere trasferiti nello stabilimento a cui erano diretti con la nave appositamente messa a disposizione dal committente per ragioni di sicurezza, venivano informati dall’Operation Manager della Società che il trasferimento sarebbe avvenuto a bordo di un pick-up, con una variazione di programma rispetto a quanto avveniva di consueto. Durante lo spostamento, il veicolo veniva affiancato da due vetture i cui occupanti intimavano all’autista di fermarsi e scendere, ponendosi poi alla guida del pick-up e allontanandosi con i quattro italiani a bordo; la prigionia dei quattro cittadini italiani si protraeva per un lungo periodo. Nel corso di uno spostamento da un rifugio all’altro, i prigionieri venivano separati e due dei quattro tecnici rimanevano vittima dello scontro a fuoco scoppiato tra i sequestratori e soggetti armati non identificati.

La sentenza di primo grado riconosceva la responsabilità penale per l’omicidio colposo dei due italiani in capo ai membri del consiglio di amministrazione della Società (a titolo di cooperazione colposa nell’omicidio doloso commesso dai sequestratori e dagli ignoti che avevano materialmente realizzato l’azione omicidiaria) e accoglieva la richiesta di patteggiamento dell’Operation Manager al quale l’organo amministrativo aveva conferito delega per la sicurezza.  Condannava altresì la società per illecito amministrativo dipendente da reato ai sensi dell’art. 25-septies D.lgs. 231/2001.

La Corte di Appello riformava la sentenza impugnata, assolvendo il Presidente e i componenti del Consiglio di amministrazione per non aver commesso il fatto; confermava invece la condanna della persona giuridica.

La Cassazione esamina separatamente i motivi di doglianza avanzati dal Procuratore Generale per quanto concerne la posizione degli amministratori e quelli della Società con riferimento alla responsabilità della persona giuridica.

Nel validare la pronuncia assolutoria dei componenti del CdA della Società, la Corte precisa innanzitutto come l’individuazione delle singole responsabilità non possa restare agganciata criteri meramente formalistici, legati all’esistenza di posizioni di garanzia, bensì sia necessario ricorrere a criteri di tipo sostanzialistico, volti a stabilire in concreto se, nell’ambito dei poteri di cui erano titolari, gli imputati fossero venuti meno a obblighi funzionali all’impedimento dell’evento. Sulla scorta di tale input metodologico, la Suprema Corte osserva come nessun rimprovero a titolo di colpa potesse essere mosso nei confronti dei due consiglieri privi di deleghe operative, atteso che la mancanza di poteri gestionali elideva in radice la possibilità di attuare poteri di vigilanza sull’articolazione in Libia e, dunque, di intervenire in ordine alle modalità di trasferimento indicate dall’Operation Manager.

Diverso percorso argomentativo viene svolto con riferimento alla posizione del Presidente del CdA; la Corte rileva l’esistenza di una specifica delega di funzioni, conferita dal Consiglio di amministrazione con apposita delibera, con la quale al delegato – persona ritenuta dai giudici di merito figura professionale di comprovata capacità ed esperienza, con conoscenza pluridecennale dei precari equilibri sociopolitici del territorio libico – erano stati riconosciuti autonomia di gestione e di spesa ed era stato affidato il potere di adottare qualsivoglia misura idonea a garantire il rispetto della sicurezza dei lavoratori in un contesto difficile quale quello libico. Si trattava dunque di una delega di funzioni ‘reale’, con la quale l’organo amministrativo aveva esternalizzato la volontà della Società di rendere effettive, traducendole nella materiale adozione di tutte le misure ritenute più idonee, le prescrizioni previste dalla Società in materia di sicurezza sul luogo di lavoro. La Cassazione, soffermandosi su uno dei motivi di impugnazione del Procuratore Generale, ritiene irrilevante la dedotta mancata codificazione nel DVR della disciplina relativa alla gestione dei rischi connessi agli spostamenti dei dipendenti sul territorio libico (rischi connessi alla security e diversi da quelli c.d. safety, ovvero inerenti allo svolgimento delle lavorazioni). Il processo aveva infatti consentito di acclarare l’esistenza di una organizzazione aziendale volta a fronteggiare detti rischi, nota sia al soggetto delegato che ai lavoratori e solo nel caso di specie disattesa.

Tali rischi, inoltre, erano stati adeguatamente valutati nel modello di organizzazione della Società che, proprio in considerazione della natura ‘sensibile’ dell’area di rischio, aveva codificato la delega di funzione. La Corte evidenzia altresì come la delega di funzione fosse stata correttamente adoperata dal Presidente del CdA della Società, il quale aveva conservato in maniera costante contatti diretti con l’Operation Manager, ribadendo e raccomandandogli espressamente di procedere agli spostamenti del personale via nave, e senza che potesse fondatamente sostenersi l’esistenza di un obbligo di vigilanza sul suo operato, in considerazione della posizione apicale ricoperta, delle delega e degli autonomi poteri di gestione e di spesa.

La necessità di adoperare criteri di natura sostanziale nel procedimento di accertamento della responsabilità dell’ente da reato viene affermata dalla Suprema Corte anche in ordine al profilo della colpa di organizzazione.

Dopo aver riconosciuto la astratta configurabilità della responsabilità della persona giuridica ex art. 25-septies D.lgs. 231/2001, attesa la contestazione del delitto di omicidio commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (secondo la contestazione, integrata dalla mancata predisposizione del Documento di Valutazione Rischi sul punto specifico), la Cassazione osserva come – al netto della mancata previsione specifica nel DVR – la Società si fosse dotata di un Modello di Gestione e Controllo volto a prevenire anche il rischio connesso agli spostamenti dei dipendenti sul territorio libico. Segnatamente, gli amministratori avevano operato in modo da assicurare la tassatività delle disposizioni che rendevano obbligatorio il trasferimento via nave, rendendo le predette indicazioni conoscibili (ed effettivamente conosciute, come le sentenze di merito avevano accertato) da tutto il personale della Società e non esclusivamente dai soggetti in posizione gerarchicamente sovraordinata. Tale coacervo di circostanze conduce la Corte ad escludere la sussistenza della colpa di organizzazione in capo alla Società, elemento il cui accertamento nel processo a carico degli enti riveste carattere di necessità; è cioè indispensabile verificare l’esistenza in concreto di una colpa di organizzazione rispetto alla quale il reato che è stato commesso si ponga in stretto ed univoco rapporto di derivazione causale, potendosi così muovere un rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo. Proprio sulla scorta di tali argomentazioni, la Corte censura le conclusioni del Giudice di merito che, nel confermare la responsabilità della Società, aveva basato tale decisione sulla ritenuta inidoneità del Modello atteso che esso non aveva sterilizzato il rischio di commissione del reato presupposto. I Giudici di legittimità osservano come la mancanza o la inidoneità dei modelli o, ancora, la loro inefficace attuazione non sono profili ex sesufficienti a configurare la responsabilità dell’ente da reato, essendo necessario, in considerazione della peculiare struttura dell’illecito addebitato all’ente, l’esistenza della relazione funzionale tra reo ed ente e quella teleologica tra reato ed ente, al fine di rafforzare il rapporto di immedesimazione organica ed evitare che il reato possa essere attribuito all’ente per il solo fatto di essere stato commesso da persona incardinata nell’organizzazione ma per scopi estranei a questa. Ciò consente di ritenere che l’ente, a somiglianza di quanto accade nel processo a carico delle persone fisiche, risponde per fatto proprio, di talché, per scongiurare addebiti a titolo di responsabilità oggettiva, deve in ogni caso essere verificata la sussistenza di colpa di organizzazione.

La Corte, valorizzando l’assetto concreto emergente dalle sentenza di merito, ritiene evidente come il modello di organizzazione fosse esistente, individuato in specifici documenti resi noti al personale e comunque idoneo a prevenire il rischio concretizzatosi a seguito dell’improvvida iniziativa dell’Operation Manager, escludendo dunque la sussistenza dei presupposti della responsabilità dell’ente e, di conseguenza, annullando senza rinvio la sentenza impugnata perché l’illecito amministrativo di cui all’art 25-septies D.lgs. 231/2001 non sussiste.

Argomento: Responsabilità ente da reato (D. Lgs. 231/2001)
Sezione:

(Cass. Pen., Sez. IV, 25 giugno 2024, n. 31665)

Stralcio a cura di: Claudia Scafuro

"Con sentenza del 22 gennaio 2019 il GUP del Tribunale di Roma, all'esito di giudizio abbreviato, condannava gli imputati OMISSIS previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, con la riduzione per il rito abbreviato, alla pena di anni 1 e mesi 10 di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali, con concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, in quanto riconosciutili colpevoli, in concorso con OMISSIS (giudicato separatamente) del delitto p. e p. dagli artt. 40, comma 2, 118, 589, cod. pen. 2381 e 2392 cod. civ., perché, quali componenti del Consiglio di Amministrazione della società OMISSIS s.p.a. e perciò quali titolari della posizione pubblica di garanzia e cioè del dovere di individuazione e valutazione dei rischi aziendali e comunque di alta vigilanza sulla gestione della società e, pertanto, preposti ad adottare, nell'esercizio dell'impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro, per colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, omettevano - anche dopo che la società aveva partecipato ad una riunione presso il Ministero degli Esteri in data 12 febbraio 2015 ove veniva preannunciata l'imminente chiusura dell'Ambasciata italiana per il peggioramento delle condizioni di sicurezza e venivano invitati a lasciare la Libia o in alternativa ad elevare al massimo le misure di sicurezza e dopo che la stessa OMISSIS s.p.a. aveva trasferito, sempre per motivi di sicurezza, gli uffici amministrativi da OMISSIS al cantiere di OMISSIS in Libia in quanto protetto da servizio di sicurezza armata ed infine dopo che OMISSIS Africa aveva comunicato alla società un pericolo imminente per il personale in data 13 luglio 2015 - di dare disposizione alcuna circa la gestione del rischio per l'integrità fisica dei lavoratori durante il trasferimento presso i cantieri in Libia e, comunque, di effettuare ogni tipo di controllo o verifica sull'esistenza di direttive della società sul punto, ponendo così in essere un precedente - indipendente dall'azione dei soggetti, appartenenti alle milizie locali che ponevano in essere il sequestro - nella serie causale di eventi che costituiva condizione senza la quale non vi sarebbe stato, in data 19 luglio 2015, il sequestro di OMISSIS e che [continua ..]

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