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Cass. civ., Sez. un., 28 aprile 2020, n. 8241

Cristina Fucilitti

(…) La questione di massima: se il tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di telecomunicazioni sia previsto come condizione di procedibilità o di proponibilità della domanda. Non appare condivisibile la ricostruzione delle conseguenze derivanti dall’omesso esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di telecomunicazioni proposta dall’ordinanza interlocutoria in termini di condizioni di proponibilità piuttosto che di condizione di procedibilità della domanda, per le ragioni che seguono. È ben vero che, come segnalato nella ordinanza interlocutoria, nel testo della legge istitutiva dell’AGCOM e nel regolamento applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame compaiono più volte termini che fanno riferimento alla “proposizione” dell’atto introduttivo: “non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale” (L. n. 297 del 1999, art. 1); “... sono tenuti a promuovere preventivamente un tentativo di conciliazione” (art. 3, comma 1, del regolamento del 2002) mentre manca ogni qualificazione in termini di condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Viceversa, il successivo regolamento AGCOM, approvato con Delib. n. 173/07/Cons., sostitutivo del precedente, all’art. 3, comma 1, indica, espressamente, che “Per le controversie di cui all’art. 2, comma 1 (quelle tra utenti finali e operatori, inerenti al mancato rispetto delle disposizioni relative al servizio universale e ai diritti degli utenti finali... rimesse alla competenza dell’AGCOM), il ricorso in sede giurisdizionale è improcedibile fino a che non sia stato esperito il tentativo di conciliazione...” (…). Nei testi normativi non si rinviene una distinzione concettuale netta e rigorosa nell’utilizzo dei termini improcedibilità e improponibilità (termine, quest’ultimo, che non ricorre neppure nel codice di rito) (…) però, ben diverse e di diversa gravità sono le conseguenze associate all’una o all’altra qualificazione: un vizio insanabile, rilevabile in ogni stato e grado del processo, tale da costituire una soluzione drastica, in considerazione degli interessi sostanziali in gioco, nel caso dell’improponibilità; un arresto momentaneo del giudizio, rilevabile dalle parti e anche dal giudice ma non oltre la prima udienza, nel caso [continua ..]

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Nota di Cristina Fucilitti

La sentenza, oggetto del presente commento, riguarda l’obbligatorietà del preventivo tentativo di conciliazione nelle controversie in materia telecomunicazioni a pena di improcedibilità o di improponibilità. Nel caso di specie un cliente conveniva in giudizio l’operatore telefonico T. con riferimento alla nullità di una clausola contenuta nel contratto di somministrazione del servizio telefonico, in quanto ritenuta vessatoria poiché contenente una penale. Nel costituirsi in giudizio l’operatore telefonico T., tra le altre cose, eccepiva l’im­proponibilità della domanda perché non era stato esperito da parte del cliente il tentativo di conciliazione obbligatorio prima dell’instaurazione del giudizio, così come statuito dalla L. 249/1997, art. 1, e dal successivo Regolamento Agcom, approvato con delibera n. 182/02/CONS. La problematica derivava dal fatto che, nel momento in cui il cliente instaurava il giudizio di primo grado, il Co.Re.Com. Campania, competente per i tentativi di conciliazione in materia di telecomunicazioni sul territorio, era già stato istituito ma non era ancora operativo; pertanto si poneva il problema se il predetto tentativo di conciliazione doveva essere promosso avanti ad altri organismi alternativi di conciliazione. La Cassazione ha affermato che, in applicazione di quanto stabilito nell’art. 12 dell’Allegato A, annesso alla predetta delibera, recante il Regolamento di procedura relativo alle controversie fra gli organismi di Telecomunicazioni ed utenti, il tentativo di conciliazione rimane una mera facoltà dell’utente. L’altra questione postasi è se tale tentativo debba essere considerato condizione di improcedibilità ovvero condizione di improponibilità della domanda, in quanto il legislatore non fornisce un’indicazione precisa ed univoca né in un senso né nell’altro. Tale incertezza comporta delle conseguenze pratiche non indifferenti. Infatti se l’improponibilità costituisce un vizio più grave, in quanto insanabile e pertanto rilevabile in ogni stato e grado del processo, invece l’improcedibilità è un vizio meno grave, poiché è rilevabile dalle parti ed anche dal giudice ma non oltre la prima udienza. Inoltre qualora l’improcedibilità venga rilevata dal giudice, [continua ..]

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