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Dissesto delle strade vicinali adibite a pubblico transito: il Comune può rispondere dei danni

Lorenzo Forlano

L’ordinanza in commento della Terza Sez. Civile della Corte di Cassazione pone l’accento sul tema della responsabilità da negligente manutenzione delle strade, nello specifico sulla responsabilità dei Comuni sulle strade vicinali.

Nel caso giunto all’attenzione dei giudici della Suprema Corte una donna fu vittima di un infortunio di grave entità, subito dopo essere precipitata in un pozzetto aperto posto a margine di una carreggiata. La danneggiata era in auto in compagnia del marito percorrendo un tratto di strada non illuminata, in cui la vettura slittò terminando a ridosso di un pozzetto; per tale ragione, la signora scese dal veicolo, riportando una caduta che gli ha provocato particolari danni alla persona.

In conseguenza di ciò, la malcapitata chiese ed ottenne risarcimento ex artt. 2051 e 2043 c.c. dal Tribunale di Grosseto, che ritenne responsabili sia il Comune della strada, teatro del sinistro, che il Consorzio Riunito delle Strade Vicinali.

Avverso tale decisione del suddetto Tribunale, le parti soccombenti in primo grado proposero appello: il Comune italiano tese a sottolineare il proprio difetto di legittimazione passiva, sostenendo che la strada non fosse di sua proprietà e che quindi, per codesto motivo, non vi fosse a proprio carico alcun obbligo di manutenzione e vigilanza della strada stessa, soffermandosi inoltre sul comportamento colposo dei coniugi all’interno dell’automobile; il Consorzio, dal canto proprio, si oppose poiché all’interno della sentenza di primo grado non era stato ritenuto provato il caso fortuito, mettendo in risalto inoltre come il sinistro si fosse verificato per difetto di manto stradale e per negligenza ed imprudenza della coppia, marcando infine il proprio difetto di legittimazione, in quanto non erano stati chiamati in causa i proprietari dei fondi attigui alla strada.

La Corte d’Appello di Firenze rigettò entrambi gli atti di appello, sia del Comune che del Consorzio Riunito, con sentenza n. 840/2019.

Nella suddetta pronuncia, i giudici della città rinascimentale riconobbero la strada, teatro del sinistro, come strada vicinale pubblica, poiché strada su cui viene esercitato il passaggio pubblico sottolineando, inoltre, come il Comune fosse responsabile circa la sorveglianza e la manutenzione. Secondo quanto sancito in sentenza, il medesimo obbligo di manutenzione gravava sull’altro appellante, ovvero il Consorzio.

Avverso tale decisione il Comune italiano ha proposto ricorso in Cassazione, offrendo a supporto quattro motivazioni.

Nelle prime due – ritenute tra loro collegate – la parte ricorrente dedusse la nullità della sentenza d’appello per violazione della Costituzione, art. 111 comma IV, poiché ritenuta in contrasto con una sentenza penale n.102/2005 in cui il Giudice di Pace di Orbetello aveva escluso ogni responsabilità di natura penale del Sindaco del Comune ricorrente assolvendo, inoltre, il Dirigente della Polizia Municipale e condannando, invece, il Presidente del Consorzio.

Il terzo motivo vide allo stesso modo la parte ricorrente segnalare una violazione della Cost. al già menzionato art. 111 comma IV, oltre che dell’art. 2051 c.c., in merito alla custodia e all’obbligo di manutenzione della strada che, a detta del Comune, era un’esclusiva del Consorzio anche se questo era stato condannato al ristoro dai giudici della Corte fiorentina per il mancato controllo dello stato della strada.

La quarta tesi, suffragata dalla parte ricorrente in Cassazione, riconobbe una violazione dell’art. 2055 c.c., che si pone in contrasto rispetto alla responsabilità solidale del Comune e del Consorzio, senza altresì apportare una chiara ripartizione dei vari gradi di responsabilità tra essi distribuiti.

Ebbene, i Giudici della Corte di Cassazione, con la decisione in commento hanno rigettato il ricorso del Comune, ritenendo infondati o inammissibili i motivi esposti.

Un importante richiamo alla precedente giurisprudenza è segnato nella pronuncia in commento dai parallelismi posti dalla ricorrente sulla sentenza penale, ricollegandosi in particolare alla sentenza n. 30838 del 2018, in cui si afferma che “l’efficacia di giudicato della sentenza penale irrevocabile di assoluzione nel giudizio civile, di cui all’art. 654 c.p.p., postula, sotto il profilo soggettivo, la perfetta coincidenza delle parti tra i due giudizi, vale a dire che non soltanto l’imputato, ma anche il responsabile civile e la parte civile risultano partecipanti del processo penale”.

Gli Ermellini hanno posto l’accento anche sul rapporto tra strade vicinali e responsabilità per custodia del Comune. Su queste, qualora inserite, come nel caso in esame, tra le strade adibite al transito pubblico, ed anche quando si tratti di proprietà privata, ricade la responsabilità per custodia dell’ente.

In virtù di ciò, appare interessante l’analisi effettuata dai giudici della Suprema Corte sulla definizione generale di strada ed il nesso emerso in merito alla sua destinazione, oscillante tra superficie ad uso privato o pubblico. Pertanto, proprio l’uso pubblico, nella sentenza in commento, è utile a giustificare “per evidenti ragioni di ordine e sicurezza collettiva” la soggezione delle aree alle norme del codice stradale e la legittimazione passiva del Comune, che pone come automatica conseguenza gli obblighi di custodia e la tutela della sicurezza ed incolumità dei fruitori di suddette strade. A supporto di ciò, vi è anche l’art. 2 comma 6 del Codice della Strada, secondo cui anche le strade cd. “vicinali” sono assimilate alle strade comunali.

Ad abundantiam, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 3216 del 2017, ha stabilito che “in tema di responsabilità da negligente manutenzione delle strade, è in colpa la Pubblica Amministrazione che non provveda alla manutenzione o messa in sicurezza delle aree, anche di proprietà privata, latistanti le pubbliche vie, quando da esse possa derivare pericolo per gli utenti delle strade, né ad inibirne l’uso generalizzato; ne consegue che, nel caso di danni causati da difettosa manutenzione d’una strada, la natura privata di questa non è, di per sé, sufficiente ad escludere la responsabilità dell’amministrazione comunale ove, per la destinazione dell’area e per le sue condizioni oggettive, la stessa era tenuta alla sua manutenzione”.

La sentenza in analisi offre, quindi, spunti rilevanti ai fini della responsabilità in caso di negligente manutenzione delle strade. Si tratta di una presa di posizione netta da parte degli Ermellini, che in un certo senso ribadisce quanto già sostenuto in passato, ma questa volta in modo più lineare, su come l’uso pubblico sia determinante al fine di sancire una responsabilità della Pubblica Amministrazione.

Argomento: Della responsabilità civile
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. III, 29 marzo 2023, n. 8879)

stralcio a cura di Ciro Maria Ruocco

“5.1 – (…) In relazione alle strade vicinali sussiste la responsabilità per custodia del Comune a prescindere dal fatto che esse siano di proprietà privata, purché esse siano inserite - come nella specie - tra le strade adibite a pubblico transito. Infatti, va premesso che ai fini della definizione stessa di “strada”, è rilevante, ai sensi dell’articolo 2, comma primo, del nuovo codice della strada, la destinazione di una determinata superficie ad uso pubblico, e non la titolarità pubblica o privata della proprietà. È, pertanto, l’uso pubblico a giustificare, per evidenti ragioni di ordine e sicurezza collettiva, la soggezione delle aree alle norme del codice della strada e la legittimazione passiva del Comune, fondata sugli obblighi di custodia correlati al controllo del territorio e alla tutela della sicurezza ed incolumità dei fruitori delle strade di uso pubblico, in relazione agli eventuali danni riportati dagli utenti della strada. Ciò è confermato dall’ultimo inciso del comma sesto dell'articolo 2, ai sensi del quale anche le strade «vicinali» sono assimilate alle strade comunali, nonostante la strada vicinale sia per definizione (articolo 3, comma primo, n. 52, stesso codice) di proprietà privata, anche in caso di destinazione ad uso pubblico (v. Cass. n. 17350 del 2008; nello stesso senso, v. Cass, n. 14367 del 2018). 5.2 - La legittimazione passiva del Comune ben può concorrere con quella del Consorzio dei comproprietari dei fondi viciniori, fondata sul concorrente obbligo di custodia esistente in capo ai proprietari del bene: v. Cass. n. 3216 del 2017: “In tema di responsabilità da negligente manutenzione delle strade, in colpa la Pubblica Amministrazione che non provveda alla manutenzione o messa in sicurezza delle aree, anche di proprietà privata, latistanti le pubbliche vie, quando da esse possa derivare pericolo per gli utenti delle strade, né  ad  inibirne  l’uso  generalizzato;  ne  consegue  che,  nel  caso  di  danni causati  da  difettosa  manutenzione  d’una  strada,  la  natura  privata  di questa non, di per sé , sufficiente ad escludere la responsabilità dell’amministrazione comunale ove, per la destinazione dell’area e per le [continua ..]

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