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Illegittimità costituzionale di disposizioni regionali che prorogano concessioni demaniali marittime

Francesco Anastasi.

Con sentenza n. 139 del 2021 la Corte costituzionale si è pronunciata nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 maggio 2020 n. 8 recante “misure urgenti per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19 in materia di demanio marittimo e idrico” promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri.  

Il tema del rinnovo delle concessioni demaniali marittime è stato per lungo tempo una questione spinosa all’interno del nostro ordinamento giuridico. Le Regioni e lo Stato si sono spesso trovate in conflitto per il rinnovo delle concessioni e per garantire all’intero comparto economico maggiore stabilità e certezza. La collocazione dell’Italia nel contesto normativo euro-unitario, tuttavia, comporta necessariamente il rispetto delle disposizioni di rango comunitario e la progressiva conformazione alle stesse nel rispetto. 

In tale settore, questa conformità tuttavia ha vissuto momenti particolarmente travagliati e conflittuali che si sono risolti, spesso, in una bulimia normativa e provvedimentale che la Corte costituzionale e il Consiglio di Stato hanno cercato di limitare. 

Nel caso in esame, la questione verte intorno a una normativa (L. r. n. 8/2020) con la quale si rinnovavano le concessioni balneari con finalità turistico-ricreativa e sportiva, diportistica e attività cantieristiche connesse nonché con finalità di acquacoltura sia mare che in laguna con scadenza anteriore al 2033 fino alla data del 31 dicembre 2033 previa presentazione di una istanza all’ufficio regionale competente. 

In particolare, il ricorrente Presidente del Consiglio dei ministri, come dall’Avvocatura generale dello Stato difeso e rappresentato, ha impugnato l’art. 2 della l. regionale Friuli-Venezia Giulia 18 maggio 2020, n. 8 per violazione dell’art. 117, secondo comma lettera e) della Costituzione, sulla base dell’assunto che tale normativa eccedendo le competenze statutarie violi l’ambito di riparto delle materie ivi previsto che rimette la disciplina della concorrenza alla competenza esclusiva statale. 

In primo luogo, la resistente Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, costituendosi in giudizio, ha rappresentato l’inammissibilità e comunque l’improcedibilità dell’impugnazione sull’assunto che il titolo V non trovi applicazione alla Regione in quanto regione a statuto speciale, e che comunque la materia ittica, pesca e turismo nonché la competenza in demanio marittimo, lacuale e fluviale restano di competenza della Regione. 

Allo stesso tempo, in secondo luogo, la difesa della Regione ha avuto modo di osservare che la normativa regionale non limita la concorrenza, anzi, la estende e la garantisce subordinando - a differenza della normativa statale di cui al D.l. 104/2020 e s.m.i. – il rinnovo alla presentazione di una istanza e alla valutazione comparativa da parte degli uffici regionali. 

La Consulta ha ritenuto di dover procedere ad argomentare in termini di dettaglio la sua pronuncia definitiva.  

Difatti, richiamando la precedente giurisprudenza sul punto (ex multis sent. n. 10/2021, n. 1 /2019, n. 171/2013, n. 213/2011) i Giudici costituzionali hanno ribadito come la disciplina delle concessioni demaniali intersechi numerosi ambiti materiali di competenza legislativa primaria delle Regioni e nello specifico della Regione Friuli-Venezia Giulia, tuttavia “è altrettanto pacifico […] che discipline regionali le quali dispongano proroghe o rinnovi automatici delle concessioni demaniali in essere incidono sulla materia, di competenza esclusivamente statale, della tutela della concorrenza, ostacolando l’ingresso di altri potenziali operatori economici nel mercato di riferimento”. 

Peraltro si configurerebbe invasione della competenza statale anche nell’ipotesi in cui la legislazione regionale si limitasse a riprodurre una disciplina già prevista in quella statale, producendosi non soltanto una inutile duplicazione, ma altresì una illegittima ripetizione. In questo senso, la Corte ha rilevato che “qualsiasi disciplina che comporti una restrizione al libero accesso nel mercato di altri operatori […] è riservata dall’art. 117 secondo comma, lettera e) Cost., alla legislazione statale, restando invece precluso qualsiasi intervento della legislazione regionale in questa materia”. 

Se da un lato, pertanto, non è apparsa condivisibile la prima eccezione sollevata dalla difesa regionale, parimenti, gli Ermellini hanno ritenuto di dover rigettare anche la seconda. 

Non è stato ritenuto persuasivo, infatti, l’argomento della difesa regionale secondo cui la disciplina impugnata non introdurrebbe una restrizione della concorrenza ma, anzi, consentirebbe la estensione delle concessioni subordinando la domanda degli interessati ad un procedimento trasparente ed eventualmente comparativo (in caso di multipla richiesta per lo stesso lotto). 

Il tenore della norma, infatti, recita “è estesa fino alla data del 31 dicembre 2033”, senza alcun richiamo a procedure comparative, che potrebbero o non potrebbero essere innescate dalle istanze dei concorrenti. Non sembrerebbe possibile, pertanto, secondo l’osservazione dei Giudici della Consulta, a dispetto di quanto osservato dalla difesa regionale, supportare la ricostruzione da quest’ultima avanzata. 

La Corte, pertanto, definitivamente pronunciandosi sul ricorso proposto da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, respingendo le eccezioni sollevate dalla difesa regionale, lo riteneva ammissibile e lo accoglieva dichiarando per l’effetto l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 maggio 2020 n. 8 recante “misure urgenti per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19 in materia di demanio marittimo e idrico”. 

Occorre rilevare, in conclusione, a fronte della pronuncia dei giudici Costituzionali, che il tema delle concessioni demaniali marittime è stato affrontato anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 14 del 2021, la quale ha avuto modo di superare il dettato del D.L. 104/2020 s.m.i. statuendo che la normativa richiamata è in contrasto con il diritto euro-unitario che deve ritenersi tamquam non esset e che essa ha una durata limitata fino al 31 dicembre 2023 dentro cui dovrà essere adottata una nuova normativa coerente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE. 

Argomento: concessioni
Sezione: Corte Costituzionale

(Corte Cost., 7 luglio 2021, n. 139)

Stralcio a cura di Aniello Iervolino

3.1.– Non v’è dubbio che, come giustamente osserva la difesa regionale, la disciplina delle concessioni demaniali interseca numerosi ambiti materiali di competenza legislativa primaria della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia; ma è altrettanto pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, che discipline regionali le quali dispongano proroghe o rinnovi automatici delle concessioni demaniali in essere incidono sulla materia, di competenza esclusiva statale, della tutela della concorrenza, ostacolando l’ingresso di altri potenziali operatori economici nel mercato di riferimento (sentenze n. 10 del 2021, n. 1 del 2019, n. 171 del 2013 e n. 213 del 2011). 3.2 – L’invasione della competenza statale non è esclusa nemmeno nell’ipotesi in cui la legislazione regionale si limiti – come accade nella specie – a riprodurre, nella sostanza, una disciplina già prevista dalla legislazione statale, e in particolare dall’art. 1, commi 682 e 683, della legge n. 145 del 2018 e successive modificazioni. Infatti, qualsiasi disciplina che comporti una restrizione al libero accesso nel mercato di altri operatori, come certamente accade quando si stabiliscano proroghe dei rapporti concessori in corso, è riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., alla legislazione statale, restando invece precluso qualsiasi intervento della legislazione regionale in questa materia. 3.3.– Né persuade l’argomento della difesa regionale secondo cui la disciplina in questa sede impugnata non introdurrebbe, in realtà, una proroga ex lege delle concessioni esistenti, bensì una procedura che consentirebbe la mera estensione della durata di tali concessioni su domanda degli interessati, in esito a un procedimento trasparente ed eventualmente comparativo, nel caso di presentazione di istanze concorrenti relative alla medesima concessione. Ciò che garantirebbe, ad avviso della Regione resistente, un livello di tutela della concorrenza più elevato di quello garantito oggi dalla legislazione statale, che prevede invece una generalizzata proroga – appunto – ex lege, di quindici anni e quindi sino al 2033, delle concessioni demaniali marittime. Il tenore dell’art. 2, comma 1, impugnato, tuttavia, non supporta una simile ricostruzione. Esso si limita infatti a stabilire che, in presenza di domanda del titolare, la durata delle [continua ..]

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