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L'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni

Sezione: Sezioni Unite

(Cass. Civ., Sez. Unite, 3 novembre 2021, n. 31541)

stralcio a cura di Fabrizia Rumma

" 2. Il ricorso non supera il vaglio d'ammissibilità. 2.i. Anche a volere ipotizzare che la Sezione semplice del Consiglio di Stato si sia discostata dal principio di diritto enunciato con forza nomofilattica dall'Adunanza plenaria, resta fermo che le decisioni del Consiglio di Stato, nel rispetto del paradigma di cui all'art. 111  Cost., u.c., possono essere cassate o per motivi inerenti alla esistenza stessa della giurisdizione, ovvero quando il giudice amministrativo ne oltrepassi, in concreto, i limiti esterni, realizzandosi la prima ipotesi qualora il giudice eserciti la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (oppure, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale), verificandosi, invece, la seconda ove l'organo di giustizia amministrativa giudichi su materie attribuite alla giurisdizione ordinaria o ad altra e diversa giurisdizione speciale (oppure neghi la propria giurisdizione sull'erroneo presupposto che essa appartenga ad altri), ovvero quando, per materie attribuita alla propria giurisdizione, compia un sindacato di merito pur essendo la propria cognizione rigorosamente limitata alla indagine di legittimità degli atti amministrativi (ex multis, S.U., n. 8117, 29/03/2017, Rv. 643556). ……L'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore ricorre solo allorquando il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete; l'ipotesi non ricorre quando il giudice si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio, ricercando la "voluntas legis" applicabile nel caso concreto, anche mediante il ricorso all'analogia, potendo tale operazione ermeneutica dare luogo, tutt'al più, ad un "error in iudicando" (S.U. n. 21617, 19/9/2017, conf., tra altre, Cass. Sez. U. 12/12/2012, n. 22784 ; 10/9/2013, n. 20698; 23/12/2014, n. 27341; 31/5/2016, n. 11380; n. 6059, 28/2/2019)."

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